Spettacoli

È morto Cosimo Cinieri, sul palco con Carmelo Bene

Attore e regista dell'avanguardia teatrale italiana, avrebbe compiuto 81 anni il 20 agosto. Dal 2006 è stato il "signor Balocco" in una serie di famosi spot pubblicitari
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Avrebbe compiuto 81 anni domani, nato com'era il 20 agosto 1938 a Taranto, ma quell'irrequieto, eclettico, vertiginoso, smanioso e creativamente caratteriale artista che era Cosimo Cinieri ci ha lasciato. Una lunga malattia ha stroncato l'attore pugliese che viveva a Roma. La camera ardente per l'ultimo saluto sarà nella Sala del Carroccio al Campidoglio, il 21 agosto alle ore 16. A seguire dalle 18 la commemorazione con interventi tra gli altri di Pasquale Panella, Bibiana Carusi, Nicola Vicidomini.

È stato unico nell'accostare sentimenti e linguaggi, avventure e solitudini, poetiche e sperimentazioni. Ha solcato strade tracciatissime e ha adottato voci ingiustamente considerate secondarie, è cresciuto sotto guide solerti e ha sancito una personalità anarchica, ha conosciuto tempi veloci e riflessioni appartate. È stato popolare e ha scelto anche acuti isolamenti, ha qualificato la tradizione e ha portato acqua ad autori desertici, ha avuto il privilegio di una voce austera e ribelle, ha costruito un'imparagonabile e meravigliosa torre di Babele sommando atti unici di scrittori inaccostabili. Ha lavorato con infinita solerzia per una sua compagnia e con un'artista sua compagna, poi magari il destino ha voluto che la sua vita teatrale abbia conosciuto (per clamore) soprattutto uno zenit, un incrocio astrale, il sodalizio verificatosi con Carmelo Bene per cinque anni, dal 1974 al 1979.

Ingiusto, direi, circoscrivere l'aura impetuosa del pugliese Cinieri al solo tempo del contatto con l'immaginifico pugliese Bene, ma un po' è andata così. Eppure la sua memoria è ubiqua, il suo nomadismo è inarrestabile, la sua natura s'era già palesata in atti di orgogliosa crescita, e ha continuato a seminare gesti intellettuali e scenici fino a qualche anno fa. Sì, perché negli anni Sessanta lui segue il carrozzone laborioso e agitato delle regie di Quartucci con testi di Beckett, di Scabia, di Lerici, finché dal 1968 al 1972 è lui stesso autore e regista, attuando un teatro di strada che lo porta a collaborare con Leo De Berardinis e Perla Peragallo. Poi, ecco il picco tellurico che lo associa a Carmelo, in Sade: libertinaggio e decadenza del complesso bandistico della gendarmeria salentina (titolo che incorpora e metaforizza tutta la sintonia tra i due), e con Bene dividerà le sorti pure dell'Otello del 1979.

Ma intanto Cinieri ha formato la sua ditta con Irma Immacolata Palazzo, la compagnia Cinieri-Palazzo, un marchio che definitivamente, per gli anni a venire, guiderà criteri, drammaturgie, rapsodie, reinvenzioni di classici. Tra versi osceni da Catullo a Henry Miller al Macbeth, da favole africane a un duetto d'amore con Piera Degli Esposti a Rai3, da un canzoniere che andava da Francesco d'Assisi a Pasolini fino a un piano bar con versi di Mario Luzi, e via alternando Dante, Omero, Neruda, Cesare Giulio Viola (di cui era nipote), Pessoa, Adonis, Orazio, Ovidio, Svevo, Gramsci, Socrate, Petrarca, Nietzsche. Spesso è un'autorevole voce narrante in dialogo con la Banda di qualche Arma (Carabinieri, Esercito, Guardia di Finanza), retaggio, chissà, di quel 'complesso bandistico della gendarmeria salentina' a suo tempo ispirante Bene e lui.

Nel 2016 è tornato nella sua Taranto per partecipare al progetto di Apulia Film Commision Past Forwardnove cortometraggi realizzati per il web ambientati in Puglia: in Iaco è lui che racconta la storia di Erasmo Iacovone, esile attaccante morto a 25 anni che ha dato il nome allo stadio della sua città.

Cosimo Cinieri: Ti ricordi di Erasmo Iacovone?


In tempi più recenti molti lo ricordano nei panni del "signor Balocco" in una serie di spot pubblicitari, soprattutto nel periodo natalizio.

Cosimo Cinieri nello spot del panettone 

Ma io lo ricordo in un indelebile episodio lungo lungo che ebbe una fase culminante nel 1989, la sua rassegna Atti unici in repertorio variabile, con Harold Pinter che stava accanto a Vittorio Metz, con Mirbeau che accompagnava Dario Fo, con Schnitzler vicino a Peppino De Filippo e a Garcia Lorca, con Ionesco messo lì a far da prologo a Feydeau. Amava le schegge rivalutanti il genere impropriamente detto minore, sosteneva che la rapidità è sintesi, è minimalismo, è contemporaneità. Raccoglieva testi brevi assemblandoli per tema: il delitto, il furto, il tradimento, la discordia. E scopriva punti di contatto. Combatteva il 'teatrese', con geniale fermezza, con quei suoi toni foschi. Toni che risuonarono nel 2015 all'Argentina in Pier Paolo poeta delle ceneri. A me quei timbri di coscienza e incoscienza ora mancano.