Palermo

Palermo, tre padrini in libertà: fibrillazioni fra i clan. E resta il mistero della latitanza del boss Motisi

Il latitante Giovanni Motisi 
Tra San Lorenzo e Resuttana scarcerato non solo Caporrimo, anche Genova. L'incognita del capo di Pagliarelli scomparso dal '93. E' morto?
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"Quando escono dal carcere, la prima cosa che bisogna controllare è il portafogli", sussurra un vecchio investigatore. "Sono i soldi a far girare Cosa nostra". Sembra che Giulio Caporrimo, appena tornato in libertà, ne abbia ancora tanti da qualche parte. Nonostante i sequestri di beni che ha subito. A Tommaso Natale, raccontano di alcuni suoi investimenti nell’edilizia. Non c’è da stupirsi. Caporrimo, reggente del mandamento mafioso che fu dei Lo Piccolo, ha sempre pensato in grande. Come Salvo Genova, reggente della famiglia di Resuttana, pure lui scarcerato di recente, pure lui ha pagato il suo debito con la giustizia. Un altro mafioso in perenne ascesa.

Negli anni Novanta era solo il titolare di un’officina di via Florio molto frequentata dai boss, ma già allora era parecchio ossequiato, perché poteva contare su una talpa ben informata (e mai individuata) che gli soffiava le indagini delle forze dell’ordine. I Lo Piccolo avevano una venerazione per Genova, nei pizzini gli avevano dato il nome in codice di “Honda”, chissà forse perché correva veloce con i pensieri e le azioni. Di sicuro, quando divenne reggente di Resuttana, avviò subito una campagna di reclutamento di giovani leve, che non chiedevano nulla in cambio, era già un onore lavorare per Salvo Genova.

Che succede oggi a Palermo dopo che la ricostituita Cupola è stata smantellata nel dicembre scorso? La parola chiave per provare a capire è una sola: “Fibrillazione”. La parola attorno a cui ruotava l’ultima relazione semestrale della Dia al Parlamento.

Fibrillazione fra capi scarcerati che provano a riprendersi i loro spazi. Le scarcerazioni di Caporrimo e Genova spostano l’asse del potere verso le cosche della parte occidentale di Palermo; nella maggioranza della nuova Cupola fermata a dicembre, invece, pesavano di più i boss della parte orientale, Settimo Mineo di Pagliarelli e Leandro Greco di Ciaculli. Al summit della commissione provinciale, c’era pure Calogero Lo Piccolo, l’ultimo potente rampollo di Tommaso Natale, a febbraio è stato arrestato. Chi ci sarà dopo di lui?

Fibrillazione. È anche fra i clan che gestiscono diversi canali di approvvigionamento della cocaina, un fiume inarrestabile sulla città, "perché la domanda resta alta" spiega un investigatore. E nello scacchiere di Palermo va messo pure un altro nome pesante: Vincenzo Carlo Lombardo, reggente di Montelepre, la provincia resta una variabile importante nello scacchiere mafioso. Poi, c’è Domenico "Mico" Farinella, capo del mandamento di San Mauro Castelverde: era stato condannato all’ergastolo per un omicidio, ma i suoi avvocati hanno ottenuto un ricalcolo della pena per l’applicazione dell’indulto e le porte del carcere si sono riaperte. Un’altra scarcerazione che riapre un passato lontano.

"Il passato maledetto di Palermo continua a pesare. Il punto è capire come e dove incide", sbotta il vecchio investigatore, che non ha mai smesso di macinare con le suola delle sue scarpe la polvere dei vicoli del centro storico e delle periferie. Nel passato di Palermo, c’è una storia che sembra dimenticata, quella di un capomafia che è diventato un fantasma. Giovanni Motisi detto u pacchiuni, 60 anni, il boss di Pagliarelli condannato all’ergastolo per l’omicidio del vicequestore Ninni Cassarà e dell’agente Roberto Antiochia: è latitante dal 1993. Una primula rossa di Cosa nostra, come l’altro imprendibile, Matteo Messina Denaro, il boss di Castelvetrano pure lui ricercato da 26 anni.

Dov’è Giovanni Motisi? Qualcuno ha raccontato che fu destituito nel 2002, perché aveva un modo di gestire il mandamento che non piaceva alla gerarchia. "Non si faceva mai vedere, non dava mai risposte", ha raccontato il pentito Angelo Casano, che ha parlato pure di un covo agrigentino di Motisi, almeno fino al 2004. Poi, sarebbe entrata in gioco una pista francese. Dopo, il nulla. Tanto che qualcuno è arrivato a dire che Motisi sarebbe morto. Ma nel corso degli anni la procura di Palermo non ha mai smesso di vagliare tutti gli spunti, che hanno portato gli investigatori anche in Spagna, in Inghilterra, in Sud America. Però, di Giovanni Motisi non è saltata fuori alcuna traccia concreta.

L’ultima foto la vedete in questo articolo: ritrae il latitante alla festa della figlia, organizzata negli anni Novanta, un’immagine sequestrata dai carabinieri durante una perquisizione a casa del boss. Anche in quell’occasione, il mafioso era stato parecchio accorto, stendendo un lenzuolo sullo sfondo, ma qualche dettaglio rimase comunque, e gli investigatori riuscirono ad arrivare alla casa dove la famigliola si era riunita per l’occasione.