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Migranti, l' "SOS" dei medici: "Oltre 1500 ne sono morti in sei anni nei campi italiani"

Lo scrivono sul British Medical Journal, prestigiosa rivista medica del Regno Unito, chiedendo "stop allo sfruttamento". Se ne parla al festival della Salute globale, a Padova

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ROMA - Negli ultimi sei anni sono morti nei campi italiani oltre 1500 migranti. Sono i numeri di una strage quelli riportati in un articolo pubblicato sul British Medical Journal, prestigiosa rivista medica del Regno Unito, in cui un gruppo di dottori lancia un sos: "Stop allo sfruttamento". Centinaia di migliaia di braccianti che pagano un costo umano estremamente alto per permettere a chi abita a Londra o a Shanghai di comprare i pomodori del nostro paese a prezzi stracciati. "Tutti noi dobbiamo lottare contro lo sfruttamento, la discriminazione, il razzismo e l'egoismo, per quanto le loro manifestazioni possano essere mascherate", scrivono.

Senza diritti. Gli autori dell'articolo fanno parte di Medici con l'Africa Cuamm, l'Ong sanitaria italiana che fornisce a questi lavoratori un'assistenza di base, e conoscono bene le condizioni infernali in cui vivono i migranti al lavoro nelle campagne del nostro paese. Vengono pagati in base alle verdure che riescono a raccogliere, o 12 euro per 8 ore di lavoro, e abitano in baraccopoli ai margini delle città senza servizi igienici, acqua o luce. In particolare, in Italia si contano tra i 50 e i 70 agglomerati del genere per un totale di oltre 100mila braccianti. "Sono persone che vengono sfruttate perché lasciate senza diritti", spiega a Repubblica Davide Mosca, uno dei firmatari del report, ed ex direttore della Migration Health division dell'Organizzazione internazionale per le migrazioni. La conseguenza è che più di 1500 braccianti sono morti per via del lavoro nei passati sei anni, mentre altri sono stati uccisi. Una situazione che, sostengono i medici, non è cambiata neanche dopo l'approvazione nel 2016 della legge 199 contro il caporalato, cioè chi recluta la manodopera per impiegarla presso terzi in condizioni di sfruttamento. La norma ha riscritto il reato, con la possibilità di condannare non solo il caporale ma anche il datore di lavoro che impiega personale reclutato dai caporali.

Le altre realtà. Ma i braccianti, per lo più uomini adulti (anche se non mancano le donne), sono solo la punta dell'iceberg. "Conosciamo molto poco le condizioni di vita di mamme e bambini. Eppure sono soprattutto queste persone a non ricevere le cure adeguate e perciò ad essere esposti a particolari vulnerabilità, quando si parla di salute. Ecco perché i servizi sanitari nazionali dovrebbero tener conto di una società in cui convivono persone di culture diverse e con una diversa estrazione sociale". Un esempio pratico arriva dalla cronaca recente. Nelle scorse settimane tre bambini sono morti a causa di una circoncisione praticata tra le mura domestiche. "È facile puntare il dito contro le diversità culturali — prosegue Mosca —. Ma, come hanno anche precisato i pediatri, la circoncisione non è un servizio previsto dal sistema sanitario nazionale. Per farla, è necessario pagare e il costo può arrivare a duemila euro. Un prezzo proibitivo per la maggior parte di queste famiglie". 

Disuguaglianze: un pericolo per la salute. Muoversi nella direzione di una sanità più attenta alle diversità culturali, non è solo un atto di civiltà e di comprensione della realtà, secondo Mosca, ma un favore verso tutta la società. "È provato che le disuguaglianze sono un pericolo per la salute. Basti pensare ai bambini che scappano da zone di conflitto, dove il sistema sanitario non funziona, e non sono vaccinati", conclude Mosca. Del problema, se ne parlerà al festival della Salute globale, a Padova, dal 5 al 7 aprile