Spettacoli

Lega, dopo Sanremo il progetto di legge: "In radio una canzone italiana ogni tre"

Il vincitore del Festival di Sanremo Mahmood (ansa)
La proposta del Carroccio chiede di modificare i palinsesti musicali. Primo firmatario l'ex direttore di Radio Padania, Alessandro Morelli: "Mahmood a Sanremo dimostra potere delle lobby". Al Bano: "Poca cosa: almeno sette su dieci"
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Dopo il festival di Sanremo in versione "sovranista" nel segno dei cantanti made in Italy, la Lega chiede di non affidare nuovamente la direzione artistica a Claudio Baglioni e di modificare i palinsesti musicali delle radio nazionali. "Auspichiamo innanzitutto che la conduzione artistica del prossimo Sanremo non ricada per la terza volta su Claudio Baglioni - ha dichiarato nei giorni scorsi il deputato della Lega Paolo Tiramani, capogruppo vigilanza Rai - ma anche che il Festival diventi veramente la kermesse della musica italiana, un programma del popolo e non di una élite di artisti selezionati probabilmente da un ristrettissimo numero di persone". Indicazione seguita ora da una proposta di legge a prima firma Alessandro Morelli, presidente della commissione Trasporti e telecomunicazioni della Camera e fino allo scorso anno direttore di Radio Padania, il cui obiettivo è puntare sulla nostra musica, dare spazio agli esordienti, tutelare la nostra tradizione. "Solo una canzone italiana su tre è poca cosa. Almeno sette su dieci" rilancia Al Bano.

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"La vittoria di Mahmood all'Ariston dimostra che grandi lobby e interessi politici hanno la meglio rispetto alla musica" dice all'AdnKronos Morelli. "Io preferisco aiutare gli artisti e i produttori del nostro Paese attraverso gli strumenti che ho come parlamentare". "Mi auguro infatti che questa proposta - dice parlando del suo progetto di legge - dia inizio a un confronto ampio sulla creatività italiana e soprattutto sui nostri giovani".

Nel testo, che riporta le firme anche dei deputati Maccanti, Capitanio, Cecchetti, Donina, Fogliani, Giacometti, Tombolato e Zordan, dal titolo "disposizioni in materia di programmazione radiofonica della produzione musicale italiana", si chiede, come si legge nell'articolo 2, che "le emittenti radiofoniche, nazionali e private" debbano riservare "almeno un terzo della loro programmazione giornaliera alla produzione musicale italiana, opera di autori e di artisti italiani e incisa e prodotta in Italia, distribuita in maniera omogenea durante le 24 ore di programmazione".

Inoltre una quota "pari almeno al 10 per cento della programmazione giornaliera della produzione musicale italiana è riservata alle produzioni degli artisti emergenti". Si stabilisce, inoltre che anche che "la vigilanza sull'applicazione della presente legge è affidata all'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni" e che "in aggiunta a quanto espressamente previsto dalla normativa vigente, l'Autorità, a fronte della reiterata inosservanza delle disposizioni di cui alla presente legge, può in ultima distanza disporre la sospensione dell'attività radiofonica da un minimo di otto a un massimo di trenta giorni".

Secondo gli ultimi dati, citati da Morelli, nelle dieci emittenti radiofoniche più ascoltate in Italia la quota media di repertorio italiano è inferiore al 23 per cento, con alcuni casi limite di emittenti (specializzate e non) in cui tale quota è uguale o inferiore al 10 per cento. Una proposta che richiama altri esempi in Europa, come il sistema delle "quote", già impiegato da molto tempo in Francia, dove dal 1994, con l'approvazione della legge Toubon sull'uso e la promozione della lingua francese in tutti i contesti, le radio transalpine sono obbligate a trasmettere musica francese per una quota pari almeno al 40 per cento della programmazione giornaliera.

Per Morelli "la musica non è solo un passatempo ma un racconto della nostra vita, della nostra cultura, dei momenti della vita, dei luoghi e dei sentimenti", non dimenticando che "promuovere la musica italiana significa sostenere l'industria della cultura del nostro Paese e quindi le tante persone che ci lavorano". "Il punto - conclude l'ex direttore di Radio Padania - è interrogarsi su che fine fa la musica italiana per 365 giorni all'anno, quando si chiude il sipario dell'Ariston".


Al Bano: "Tutelare di più la nostra tradizione"

"Bisogna fare come in Francia dove le radio trasmettono il 75 per cento di musica nazionale e il 25 per cento di musica straniera" commenta Al Bano. "Occorre tutelare di più la nostra tradizione, come fanno gli altri Paesi". Quanto al Festival di Sanremo firmato da Claudio Baglioni, il cantante di Cellino San Marco dice: "Ha fatto bene, solo musica italiana, e la canzone di Mahmood è molto carina, anche se va tutelata maggiormente la matrice italiana che è quella melodica. Capisco che non si possono trascurare le nuove tendenze come il rap e il trap, ogni epoca ha la sua musica. Oggi non ci sarà più un nuovo Beethoven o un nuovo Puccini perché sono figli della loro epoca, ma dare un po' di attenzione in più alla vena melodica italiana non è un errore". "Ecco - osserva ancora Al Bano - forse a Sanremo c'è stato un po' troppo rap, che è un genere più parlato che cantato. La nostra tradizione melodica non va dimenticata perché quando arriva un brano come Con te partirò, allora sbanca in tutto il mondo. Quindi - conclude - viva la musica italiana e soprattutto, almeno nella musica, che è portatrice di serenità e pace, non creiamo casini".