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Amare e scrivere, addio a Angela Bianchini

E' morta a Roma a 97 anni la critica e traduttrice specializzata in letteratura femminile. Scappò dall'Italia per le leggi razziali e fu allieva di Leo Spitzer

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Ispanista, romanziera, giornalista culturale, esperta traduttrice e specialista di letteratura femminile è stata Angela Bianchini, morta nella notte nella sua casa di Roma. Nata nel '21, era ancora lucida e attiva. Diceva lo studioso orientalista Giorgio Levi Della Vida, grande amico di Angela: "La morte m'ha da coglier vivo", e lei aveva sposato in pieno questa frase. Era figlia di Angelo Levi Bianchini, esponente di un'importante famiglia della borghesia ebraica e ufficiale di Marina mandato in Palestina dal governo italiano per trattare la questione ebraica con il generale inglese Edmund Allenby. Fu assassinato in circostanze misteriose quando Angela non era ancora venuta al mondo.

A causa delle leggi razziali entrate in vigore durante il fascismo, la giovane Bianchini lasciò l'Italia nel '41 e si rifugiò negli Stati Uniti, dove si laureò alla John Hopkins University di Baltimora. Suo docente, tra gli altri, fu Leo Spitzer. Tornata in Italia nel '55, iniziò a collaborare con Il Mondo di Pannunzio e con i programmi culturali della Rai.

Debuttò nella narrativa nel 1962 con Lungo equinozio, e tra i suoi romanzi figurano Le nostre distanze (1965), La ragazza in nero (1990), Le labbra tue sincere (1995), Un amore sconveniente (1999) e il molto autobiografico e premiato Capo d'Europa (1991). Spiriti costretti (1963) è una sua bella raccolta di ritratti di scrittori, e tra i saggi si distinguono Cent'anni di romanzo spagnolo (1963), Il romanzo d'appendice (1966), Voce donna (1979) e La luce a gas e il feuilleton: due invenzioni dell'Ottocento (1988). L'ultimo libro, uscito nel 2013, è stato Amare e scrivere, dedicato a tre autrici spagnole: Mercé Rodoreda, Carmen Laforet e Carmen Martin Gaite. Ha collaborato a lungo come critico letterario al quotidiano La Stampa.