Torino

Torino, il giovane papà vicino al suo bimbo: “ Lotta per la vita, come mia moglie respinta alla frontiera”

Destiny, 33 anni, il marito della donna respinta dalla Francia e morta dopo il parto 
Per il marito della donna nigeriana morta dopo il parto arriva l’offerta di lavoro di un imprenditore romano. “Lo spero, mio figlio dovrà avere un futuro migliore”
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Di fronte alla gendarmeria francese, a un passo dal confine, il cuore di Beauty si è spezzato. Le hanno chiesto di scegliere tra suo marito e il futuro che aveva scelto per il suo bimbo in arrivo. «Lei aveva i documenti, sarebbe arrivata a Parigi da suo fratello - dice Destiny, 33 anni, il marito – Ma io no. Lei ha scelto di restare con me, lo ha fatto per l’amore che ci legava. Ora è morta e con Beauty se ne è andata una parte di me». La giovane nigeriana aveva un permesso di soggiorno, forse scaduto ma con una richiesta di rinnovo che la gendarmeria avrebbe potuto valutare, ma per il marito non c’era possibilità. Per questo sono scesi insieme dal bus.

Destiny lo ha fatto a fatica perché era molto malata, colpita da un linfoma allo stadio terminale che alla fine l’ha uccisa. Non prima che i medici del Sant’Anna di Torino riuscissero a far nascere il suo bambino, Israel. «Ora è tutto quel che mi resta, è la ragione per cui lotterò», dice Destiny. Per lui è già arrivata un’offerta di lavoro da parte di un imprenditore romano che, tramite l’associazione Rainbow 4 Africa, ha chiesto di mettersi in contatto col giovane papà rimasto solo.

Il suo bambino, che potrebbe stare sul palmo della mano di Destiny, combatte come un leone per sopravvivere: «Lotta per la vita come ha fatto la sua mamma», dice il genitore. È nato il 15 marzo a 29 settimane, poco prima che sua madre morisse. Ha imparato poco per volta a respirare da solo e oggi succhia avidamente un ciuccio così piccolo da sembrare un accessorio per le bambole.
Sgambetta nell’incubatrice, attaccato ad una serie di tubicini che lo nutrono e monitorano la sua crescita. Pesa appena 900 grammi, 200 in più di quando è nato: buon segno. «Possiamo essere cautamente ottimisti», spiega Enrico Bertino, direttore della neonatologia universitaria del Sant’Anna. La sua condizione è speciale perché sua mamma lo ha dato alla luce mentre lottava contro il cancro. «Portare il più avanti possibile la gravidanza era l’unica speranza per salvare il bambino», prosegue il medico.

Beauty è arrivata in ospedale il 9 febbraio. Nessuno, quella notte, avrebbe potuto non accorgersi che la donna era sofferente. Lo hanno capito subito i volontari dell’associazione Rainbow4Africa che l’hanno soccorsa fuori dalla saletta vicino alla stazione di Bardonecchia dove i gendarmi francesi l’avevano lasciata.

L’equipe medica dell’Ostetricia e Ginecologia del Sant’Anna, della professoressa Tullia Todros e dell’ematologia ospedaliera delle Molinette diretta da Umberto Vitolo, hanno fatto l’impossibile.
Hanno tenuto in vita la madre per il bene del bambino finché hanno potuto. «La malattia avrebbe potuto compromettere la salute e la crescita del feto. La nostra forza è stato il gioco di squadra che è possibile in centri come il nostro», spiega Bertino. Beauty è rimasta cosciente in queste lunghe settimane: solo il martedì prima del parto è stata ricoverata in rianimazione.Non ha più riaperto gli occhi, non ha potuto incrociare quelli di Israel. «Non sapevamo che malattia avesse Beauty, me lo hanno spiegato i medici e ho capito che non c’era nulla da fare per lei. Aveva male al petto e alla schiena ma a Napoli ci avevano dato solo del paracetamolo racconta il padre, che nel suo paese era un ingegnere – Volevamo lasciare l’Italia perché sono senza lavoro. La mia richiesta di asilo è stata respinta. E se sei senza documenti nessuno ti aiuta».

Beauty e Destiny sono sbarcati in Sicilia più di 4 anni fa dopo sei mesi in Libia. Sono passati da Napoli, Roma e Bologna dove sono saliti sul bus che li ha portati fino a Torino e poi verso il confine.
«Guardo mio figlio e penso che sarò il suo papà e anche la sua mamma. Resto qui in ospedale tutto il giorno e non oso muovermi anche se non posso fare molto per lui ora. Ma lotterò perché abbia un futuro migliore del mio». Gli occhietti di questo neonato sono il suo sguardo sul futuro. « Lo abbiamo chiamato Israel perché siamo cristiani. Ne avevamo parlato, io e mia moglie, durante la gravidanza. Ora resterò in Italia, spero che qualcuno mi aiuti a trovare un lavoro e ad avere i documenti perché ho paura che altrimenti mi porteranno via anche il bambino. Quando crescerà gli racconterò quanto era bella e coraggiosa la sua mamma. Gli dirò che ha lottato perché lui potesse vivere».

Nello stesso ospedale, molti piani più sotto, riposa Beauty, in attesa del funerale che ora in tanti si stanno impegnando ad organizzare e sostenere. Destiny non guarda nemmeno i tasti verso il basso mentre entra in ascensore e schiaccia il 3. Arriva tutti i giorni per le 9 e non se ne va prima di sera: «Senza Beauty mi sento come svuotato, ma la mia casa è dove c’è mio figlio adesso».