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È morto Piero Tosi, l'artista che vestì il grande cinema italiano

Il costumista aveva 92 anni. Lavorò con Visconti, De Sica, Fellini, Pasolini, Zeffirelli, Cavani. Premiato con l'Oscar alla carriera nel 2014, ritirato per lui da Claudia Cardinale

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Molti dei nostri sogni cinematografici non sarebbero esistiti senza la genialità del costumista Piero Tosi, capofila inarrivabile nel proprio campo, nato nel 1927 a Sesto Fiorentino e morto oggi a Roma dopo una vita colma di successi e scoperte. Il magnetismo sadomaso di Charlotte Rampling, coi seni enfatizzati dalle bretelle poste a X sul torso nudo, nel Portiere di notte di Liliana Cavani; il tailleur stropicciato di Anna Magnani in Bellissima, con la sua patina quasi tangibile di verità; la luce di Claudia Cardinale ridondante di bianco, come un giglio sinuoso e pronto a sbocciare, nel Gattopardo; il frac scelto per il fisico tarchiato di Paolo Stoppa nello stesso film, dall'esito graffiante ed esilarante; le figure inquadrate da Luchino Visconti, capaci di stagliarsi in relazione agli sfondi dei paesaggi e degli ambienti con rara sintonia; le citazioni "rubate" ai Macchiaioli, a Monet, a Fattori e a Boldini che testimoniavano l'enorme sapienza pittorica del costumista; il trucco carico e morboso di Dirk Bogarde in Morte a Venezia, insieme alla foggia leonardesca del copricapo di Tadzio, figlio di una Silvana Mangano d'onirica eleganza.


Sono solo alcuni tra i frammenti di un patrimonio che deve la sua genesi all'estro e alle ricerche rigorose (e mai bacchettone) di "Pierino" Tosi, esteta originale e vitale. Forse meglio di chiunque altro, nel cinema del Novecento, Tosi ha sancito il rinnovamento del costume, traducendolo in chiave del personaggio: più che contenitore o decorazione, l'abito in lui diventa specchio, sottolineatura e complemento di un carattere.


Aveva studiato a Firenze, e tra i suoi insegnanti all'Accademia delle Belle Arti c'era stato Ottone Rosai. Quando da bambino imparava il mestiere a bottega dal padre, che lavorava il ferro, leggeva di nascosto i testi di Shakespeare e già si disegnava in mente i futuri costumi. Grazie all'introduzione dell'amico Franco Zeffirelli, venne preso giovanissimo da Visconti come assistente alla regia di uno spettacolo del Maggio Musicale Fiorentino, e dopo un periodo di apprendistato teatrale si lanciò nel cinema dedicandosi, nella prima fase, soprattutto ai film di Luchino. Tra i due si stabilì un'intesa artistica durata un quarto di secolo che diede grandi risultati. Condividevano il gusto del dettaglio e quella misteriosa ossessività che poteva condurre il maniacale Pierino a mettersi a dormire con pezzi di tessuti per "ascoltarli" di notte, prima di decidere la stoffa con cui plasmare un costume.


Collaborò anche con Camerini, Monicelli, Bolognini (col quale dichiarava di avere una speciale sintonia) e De Sica: in Matrimonio all'italiana esaltò trionfalmente l'appeal di Sophia Loren. Valorizzava e comprendeva le donne, e sul set della Medea di Pasolini ebbe un ottimo rapporto con Maria Callas, di cui colse la statura di eroina tragica. Durante il suo fertile itinerario creativo venne inondato da omaggi e riconoscimenti, tra cui cinque nomination agli Oscar e uno alla carriera nel 2014, che fu ritirato a Los Angeles in sua vece da Claudia Cardinale: d'indole riservata e ipersensibile, Tosi odiava prendere l'aereo e si definiva un pigro che preferiva di gran lunga la vita al lavoro.

In mostra l'arte di Piero Tosi, costumista premio Oscar


Temuto e adorato, era ben protetto dallo scudo dell'aura mitica formatasi attorno al suo carisma. Difficile terrorizzare Fellini, eppure nessuno spaventava Federico più di Tosi, che dal regista riminese si faceva inseguire come una sirena affondata negli oceani della propria irraggiungibilità. Poteva non rispondere alle sue telefonate per settimane e spesso accampò pretesti per negarsi ai suoi ingaggi: di Fellini lo inquietavano la visceralità e i molti tentennamenti ("sono anch'io un cacadubbi, e due indecisi insieme fanno disastri").

La sua filmografia riflette un'epoca di fervore e incanti del cinema italiano, ed è stato prezioso il suo contributo come docente presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. I tesori dei suoi costumi sono custoditi dalla celebre Sartoria di Umberto Tirelli (che fu un altro complice decisivo del suo viaggio), poi passata alla guida di Dino Trappetti. Tutti i massimi costumisti degli ultimi decenni, da Milena Canonero a Gabriella Pescucci, da Maurizio Millenotti a Quirino Conti, si reputano figli, eredi o debitori di Tosi.