Cultura

Benvenuti nell'Arca di Joel Sartore: "Animali salvi con 15mila foto"

Il reporter del National Geographic da 11 anni immortala specie a rischio. Oggi al Bioparco di Roma racconta la sua sfida: guardare negli occhi la natura

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ROMA - "L'animale che più mi è piaciuto ritrarre? Quello che devo ancora fotografare". E non ha che l'imbarazzo della scelta, oltre 7000 nei prossimi 15 anni, per ultimare la sua impresa biblica: allestire un'arca di ritratti che contribuisca a salvare le specie a rischio. Joel Sartore studia i set allestiti nel Bioparco di Roma: guarda la coppia di vigogne che spiluccano le foglie e pensa a come convincerle a posare per lui davanti al pannello nero che farà da sfondo. Oggi le fotograferà insieme ad altri otto animali in via di estinzione ospitati in quest'angolo di Villa Borghese e le farà così entrare nell'arca. Mentre il National Geographic annuncia: la sua mostra fotografica sbarcherà a Roma nelle prossime settimane e sarà ospitata all'Auditorium Parco della Musica.
Uno dei ritratti realizzati a Roma da Sartore e inclusi nel suo progetto Photo Ark  
Questo Noè con la reflex, nato in Nebraska nel 1962, ha iniziato il suo viaggio undici anni fa. Dopo aver toccato 40 Paesi (Roma è la sua prima tappa italiana, ma nei prossimi giorni sarà anche a Verona), la sua Photo Ark ha a bordo ben 7297 ritratti. "Me ne mancano ancora quasi altrettanti, ma ci riuscirò prima di morire. Oppure finirà mio figlio". Un progetto reso possibile dal sostegno del National Geographic. E proprio su National Geographic Channel (canale 403 di Sky) da domenica 29 ottobre andrà in onda il documentario Photo Ark: sull'orlo dell'estinzione, una sorta di back stage delle sedute fotografiche in cui Sartore ha avuto per modelli orsi, lupi, oranghi, aquile e farfalle.

Come è nata l'idea di un'Arca per immagini?
"Ero un fotografo del National da 16 anni e avevo realizzato una trentina di reportage in tutto il mondo. Poi, nel 2005, mia moglie si è ammalata di tumore al seno e per un anno sono rimasto a casa a occuparmi di lei e dei nostri figli. Ho avuto molto tempo per pensare: ho capito che se lei fosse guarita, avrei dovuto occuparmi di un solo progetto per il resto della mia vita. E mi sono detto: ok, farò ritratti di animali in via di estinzione".

Ma perché "in studio" e non nel loro ambiente naturale?
"Il fondale nero o bianco azzera le differenze delle dimensioni: il topolino diventa imponente quanto un elefante. E poi, solo fotografandoli così lo spettatore li può guardare negli occhi".

Perché è importante incrociare il loro sguardo?
"Per accorgerci della loro esistenza e della loro intelligenza. La maggior parte degli animali non è grande ed espressiva come leoni, tigri ed elefanti. Sono piccoli, vivono sotto terra, in mare o nel cielo. Non li vediamo da vicino e quindi non ce ne preoccupiamo. Photo Ark ha l'obiettivo di rendere visibili gli invisibili".

Ci sta riuscendo?
"Direi proprio di sì. Avevo fotografato gli animali e i loro habitat naturali per decenni, ma nessuno ci aveva fatto caso. Photo Ark è stata proiettata sulla facciata di San Pietro, sul palazzo delle Nazioni Unite e sull'Empire State Building a New York. Insomma, qualcuno se ne è accorto".
 Joel Sartore al Bioparco 
Come sceglie gli zoo dove fare le sue foto?
"Quando vengo invitato in una città per tenere una conferenza mi informo se c'è uno zoo e se in quello zoo ci sono animali che non ho ancora ritratto per la mia Photo Ark. In questa tappa romana ho contattato il Bioparco e la Lipu, dove ho fotografato alcune rare specie di uccelli".

C'è chi pensa che gli zoo siano un retaggio del passato. Servono ancora?
"Sì, sono molto utili. Se non fossero esistiti tante delle specie che ho fotografato sarebbero già estinte da un pezzo. Gli zoo gestiti bene sono vere arche contemporanee, centri che fanno conservazione e che educano le persone al rispetto degli animali".

A informare sugli animali selvaggi non potrebbero bastare il web e la tv?
"Gli zoo ci aiutano a mantenere un contatto con la natura. Quando lo avremo solo attraverso questo oggetto (batte sullo schermo dello smartphone, ndr) sarà davvero la fine".

C'è da essere così pessimisti?
"Da qui al prossimo secolo l'aumento della popolazione umana potrebbe causare l'estinzione di metà delle specie minacciate. Ma questo significa che noi stessi rischiamo di sparire. Se eliminiamo api e farfalle non avremo più frutti e ortaggi... La nostra vita dipende dalla loro. Spero che le persone vedendo le mie foto si innamorino di questi animali e decidano di agire per salvarli".

Cosa può fare ciascuno di noi?
"Riflettere su come viviamo, sulla macchina che guidiamo e che forse inquina troppo, sui mobili che abbiamo in casa ma la cui produzione potrebbe aver contribuito alla distruzione di un habitat. E sostenere gli zoo che proteggono le specie a rischio".

Ha scelto di impegnarsi in un solo progetto, anziché nei reportage che faceva un tempo. Ma questo non l'ha tenuta molto a casa, in Nebraska.
"No, infatti. Resto un perenne girovago. L'altro giorno ero in Portogallo, oggi a Roma, domani in Polonia, poi in Olanda. Ma di tanto in tanto porto i miei figli o mia moglie con me: mi aiutano ad allestire i set per i miei scatti".

E sua moglie cosa pensa di Photo Ark?
"Glielo ho chiesto un po' di volte, ma non mi ha mai dato una risposta convincente. Ci riproverò ".