Cronaca

Mecozzi, il dottore che credeva nell'apocalisse e non negli antibiotici

L'uomo indagato insieme ai genitori per la morte del piccolo Francesco per un po' di tempo è stato magazziniere in un negozio di bricolage poi si è reiscritto all'ordine

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ROMA - Li ospitava nel suo casolare alla Rupe del Falco, gli altri adepti della setta del Roveto Ardente, quelli che ai matrimoni si vestivano da cavalieri del mondo di Camelot: curavano il mal di testa con l’imposizione delle mani, in attesa dell’imminente fine del mondo. Si riunivano tutti a casa del dottor Mecozzi, l’omeopata accusato di non aver curato adeguatamente il piccolo Francesco, lasciando che morisse di setticemia per una banale otite.

L’uomo di scienza, alternativa ma pur sempre scienza, era così attratto dall’esoterico e dal mistico da aver deciso persino di abbandonare il suo lavoro da omeopata per trasformarsi in magazziniere: tanto, nel 2008, sarebbe finito tutto. Secondo la previsione dell’Associazione Roveto Ardente, il mondo non aveva scampo. Però il mondo sopravvisse, e allora l’ex dottor Mecozzi divenuto magazziniere in un megastore di bricolage — come ha scoperto Simonetta Marfoglia del Corriere Adriatico — si iscrisse di nuovo all’Ordine dei medici, e riprese a curare esseri umani con la medicina omeopatica.

«Beh, di ricette con il suo nome ne arrivano tante, sì». Nelle farmacie di Fano, Massimiliano Mecozzi è molto più conosciuto che tra i tornanti che risalgono le colline dove vive da anni, nel casolare sperduto alla Rocca del Falco. Non è che il gruppo del Roveto Ardente ci tenesse molto alle relazioni esterne, anzi. Soprattutto quando cominciarono a piovere denunce alle questure di mezza Italia, da parte di ex membri che si ritenevano truffati. L’indagine si chiuse comunque con un’archiviazione, nel 2010, «per quanto continuino a sussistere molti aspetti dubbi e permangano numerosi lati oscuri», dice Andrea Mengotto, che fece da consulente per la Digos.

Nessun reato, ma il contesto non è quello che ti aspetti da un medico. L’associazione Roveto Ardente era nata alla fine degli anni Novanta a Varese. La leader carismatica — profeta e guaritrice — e suo marito erano il re e la regina della Tavola rotonda che gestiva Camelot, l’associazione costola della setta. E i loro figli erano i principi. A casa di Mecozzi, come in tutte le altre in cui si riunivano le cellule della setta, gli adepti si incontravano per aprire a caso la Bibbia e interpretarla secondo le loro mistiche, e per le guarizioni con l’imposizione della mani. Nella cellula di Mecozzi, il leader era un parroco, oggi in pensione.

Il medico «è molto credente e osservante», dice chi lo conosce. Roveto Ardente si è sciolto da anni, dopo la morte della sua leader e la mancata fine del mondo. Alcuni ex membri della setta, racconta Mengotto in una relazione, «affermano che nell’Associazione spesso si sosteneva che la preghiera bastasse a se stessa, sconsigliando di ricorrere, in alcuni casi, a cure mediche». Non è detto che sia vero, né che avvenisse anche nella cellula di Mecozzi, tuttavia la cultura in cui affondava le radici il misticismo del Roveto Ardente è lontano anni luce da quello che ci si aspetta da un medico che ha la lista d’attesa per i pazienti in visita nei suoi due studi a Pesaro e a Fano.

In questi giorni, l’omeopata è rinchiuso nel suo casolare giallo in fondo allo sterrato che porta al burrone, alla Rupe del Falco. «Siamo tutti sotto shock, credeteci. Ci dispiace ma non può essere considerato mio marito il colpevole. Ha consigliato una terapia. Ma sono momenti terribili, e abbiamo bisogno di tempo e dell’avvocato prima di dire altro», ha riferito la moglie al Resto del Carlino. Lui, ora, dovrà parlarne al magistrato.