Bologna

Bologna, la mummia fa la Tac in ospedale: tranquilli, è in buona salute

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Clinici e archeologi al capezzale di Usai, egiziano di 2500 anni fa, per svelarne i segreti. Dentatura in ordine, manca solo la prostata
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Il suo cuore ha smesso di battere 2500 anni fa, non abbiamo sentito la sua voce diventare un alito leggero, non abbiamo visto il suo sguardo spegnersi nel buio. Eppure Usai è uno dei pazienti più seguiti e amati che l’ospedale Sant’Orsola abbia mai avuto. Sicuramente il più vecchio. Figlio di Nekhet e di Heriubastet, vissuto nel VI secolo a.C., Usai è la mummia più famosa del Museo Archeologico e ieri si è presentato al padiglione 2 del Malpighi per sottoporsi a una Tac, la prima del genere eseguita al Policlinico.

Usai è una star al museo, migliaia di bambini ogni anno si accalcano dietro il vetro per ammirarla ma, nonostante questa fama, anche lui per fare un esame ha dovuto sottostare alla burocrazia sanitaria che richiede ad ogni paziente il codice fiscale. Vattelapesca dove trovarlo, ma ci ha pensato l’inventiva dei funzionari del museo: Usai ha una sessantina d’anni, è di Bologna, segno del Toro, perché fatto nascere ieri, 29 aprile. L’analisi è l’ultimo atto di un’operazione di restauro partita a febbraio, sotto la sorveglianza di Daniela Picchi, la responsabile della sezione egizia del museo. Nei mesi scorsi la restauratrice Cinzia Oliva ha fissato e ripulito le bende poi, una volta stabilizzato, il paziente è potuto andare all’ospedale per l’esame. Le operazioni sono iniziate di buon mattino nei sotterranei di via dei Musei. I resti del corpo sono stati adagiati su un’asse rigida, confezionata su misura. Con cautela sono stati adagiati dentro ad una speciale cassa climatizzata e poi, a bordo di un furgone per il trasporto di opere d’arte, sono giunti al padiglione di radiologia. Attorno al capezzale, si sono riuniti fior di specialisti: Rita Golfieri, direttore dell’Unità operativa di Radiologia del Policlinico; Francesco Maria Galassi, paleopatologo dell’Università di Zurigo (con laurea a Bologna); diversi tecnici che hanno tarato le macchine per la Tac su quell’insolito paziente morto e svuotato; Cinzia Oliva e Daniela Picchi.
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Pochi secondi sotto la macchina e Usai ha mostrato il suo lato più sconosciuto. "Oh, guarda, ha quasi tutti i denti, manca qualche molare". "Non ha tanta artrosi, avrà tra i 50 e i 60 anni". "Ma la prostata dov’è?... Non ne è rimasta traccia". "Uhmm, c’è ancora materiale nei polmoni, non lo hanno eviscerato per bene… Capita, era solo un funzionario e non un faraone". "Ha una diastasi delle ossa pubiche che farebbe pensare ad una donna, ma è frequente nelle mummie". I commenti si sono succeduti concitati, ogni specialista ha presentato il suo punto di vista. Ma alla scienza serve rigore, tempo, pazienza, studio per stabilire dati certi e questi arriveranno solo tra giorni, o settimane, insieme alla ricostruzione della fisionomia dell’antico egiziano.

Per ora si può solo dire che Usai aveva circa 50 anni, presenta dei tagli a livello addominale per l’estrazione degli organi interni, ha tracce di calcificazioni all’interno della cassa toracica, delle cisti ossee e mostra delle vertebre spostate, forse a causa delle manovre di mummificazione. Tra le gambe ha una sorta di fagotto che non contiene, come si pensava, visceri, ma materiale inorganico, che serviva per colmare i vuoti e accelerare il processo di disidratazione.
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