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LA CRITICA

Nicolas Jaar, l'ex enfant prodige è cresciuto

Il produttore cileno di musica elettronica arriva in Italia per presentare dal vivo il suo nuovo album "Sirens"

2 minuti di lettura
Nicolas Jaar, Sirens (Other People)
 
Lo stato dell’elettronica. Ormai non ha più senso chiamarlo enfant prodige o wunderkind. Senza troppi giri di parole Nicolas Jaar è uno dei protagonisti - per qualità, duttilità e prolificità - dell’ultima ondata elettronica, quella iniziata nella seconda decade di questo millennio. In particolare dell’elettronica più nobile, contaminata con il jazz, la classica, la psichedelia, senza disdegnare le finalità motorie ed edonistiche dell’esperienza. Figlio del grande artista cileno Alfredo Jaar, Nicolas è nato a New York nel 1990 ma ha vissuto buona parte della sua fanciullezza in Cile, nutrendosi di empanadas e ascolti quantomai illumina(n)ti come Satie, Cage e l’ethio jazz di Mulatu Astatke. Dopo alcuni singoli ed ep con il debut album Space is only noise (2011) si è rivelato e ha conquistato grande visibilità, dentro e fuori il dance floor. Con il progetto “pinkfloydiano” Darkside, condiviso con il polistrumentista Dave Harrington, si è fatto conoscere e apprezzare anche in ambito “rock” con uno show, un’eclissi musicale, dal grande impatto. E poi diversi dj-mix - tra i quali spicca quello del 2012 per Essential Mix della BBC Radio 1 - le esibizioni museali con il concept live From Scratch, la sua etichetta Other People, la serie di singoli denominata “Nymphs”. Le incursioni nel cinema con la colonna sonora di Deephan (film di Jacques Audiard, Palma d’Oro a Cannes nel 2015) e Pomegranates, sonorizzazione alternativa del film sovietico del 1969 Il colore del melograno. Ora è arrivato il turno della conferma definitiva con Sirens, secondo album solista. Un successo annunciato come dimostrano le prossime date italiane andate sold out in prevendita, il 24 novembre a Milano e il 25 a Torino.
La copertina dell'album "Sirens" 
 
Ennesima conferma. Si parte in silenzio (un omaggio al già citato Cage?). Arriva una scia di cristalli elettronici che introducono una ballad futuristica, jazzata, per pianoforte e voce soul effettata, per poi ridirigersi verso lo spazio siderale e il suo silenzio disturbato da qualche pulviscolo sonoro. È Killing time l’ouverture di Sirens, un disco concepito come un flusso unico ma con le sue alterità, stilistiche ed emotive. Una sorta di suite elettronica divisa in sei movimenti.
C’è la melodia, c’è tantissima ricerca musicale, le fonti sonore, i generi, gli umori, gli idiomi – Jaar alterna inglese e spagnolo - si completano e si tengono stretti l’un l’altro creando un’avveniristica ed emozionante architettura musicale. Uno dei momenti clou di Sirens è Three sides of Nazareth, il brano più incalzante ed erotico del disco. Un brano che da solo, ascoltato in determinati contesti e la giusta compagnia, vale più di qualsiasi afrodisiaco o campagna (non) in stile fertility day.
 
Anima e corpo. Sarebbe importante e confortante se per ogni Garrix, Kygo, Skrillex o Hardwell di turno ci fosse un coetaneo ventenne pronto a seguire il profilo artistico di Nicolas Jaar. Al momento nella sua generazione non sembra essere così. Jaar è il giovane sovrano di una remota e felice isola musicale. Un’isola dotata di un autonomo e funzionale ecosistema, nel quale è possibile trovare tutto il necessario per soddisfare le molteplici necessità dell’anima e del corpo.
Il consiglio, questa volta, è quello di non tentare di resistere come fece Ulisse ma di lasciarsi andare, di inebriarsi dei canti, delle melodie e delle pulsioni evocate da Jaar e dalle sue sirene. Non ci saranno naufragi e rovina ad attendervi ma un luogo magico nel quale l’unico dogma sarà una delle più celebri frasi di Pina Bausch: “Dance, dance, otherwise we are lost”.