Genova

“Animali da compagnia? No, maltrattate i cinghiali e smettete di nutrirli”

(bussalino)
Intervista al biologo Marsan. Sono animali intelligenti e si abituano all'uomo. Ma bisogna mantenere "reciproco timore reverenziale"
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«SE OGNI volta che si va al ristorante venisse offerto un piatto di ravioli, ci s’andrebbe sempre più spesso. Fino ad andarci tutti giorni». Andrea Marsan, biologo della fauna selvatica, docente dell’università di Genova, non ha dubbi: «I cinghiali, come tanti altri animali, hanno quello che noi del settore chiamiamo “vizio d’anima”: sono animali intelligenti, che entrano facilmente in confidenza con l’uomo, soprattutto quando questo garantisce loro cibo e protezione. Ma tutto questo è sbagliato».

I cinghiali sono animali potenzialmente pericolosi per l’uomo. Soprattutto in città, fuori da loro ambiente naturale. Insidiosi non perché cattivi («Gli animali non sono né buoni né cattivi: la natura non ha questi criteri», spiega Marsan), ma perché possono causare diversi problemi: «Spesso si legge di motociclisti o autisti che muoiono o che si feriscono gravemente a causa di un incidente con un ungulato; oppure di persone, a spasso con il cane, che incontrano un cinghiale e che vengono caricate per difendere il proprio animale domestico», spiega il professore. Questa è la realtà, «non è per creare allarmismo. I cinghiali non vanno accolti come se fossero animali da compagnia. Perché, semplicemente, non lo sono».

Anche la normativa italiana parla chiaro: da dicembre 2015 è in vigore la legge 221, che all’articolo 7 vieta il “foraggiamento” dei cinghiali e prevede, come pena, l’arresto da due a sei mesi, oppure un’ammenda da 516 ad 2.065 euro per i trasgressori. «Sono animali che stanno bene nel loro habitat – continua Marsan --. Nel bosco sono fondamentali: mantengono equilibrato il bioritmo della fauna selvatica perché sono prende importanti e sempre disponibili per cacciatori a rischio estinzione come i lupi. E ancora: quando muoiono, forniscono un’importante fonte di sostentamento per animali come volpi e saprofagi. La morte non va vista sempre come qualcosa di negativo. Parlo da biologo: la morte è necessaria per la vita nel mondo selvatico».

Ma come mai negli ultimi tempi ci sono stati così tanti avvistamenti? Uno dei problemi è che questo «è stato un annus horribilis per gli ungulati. La siccità ha privato loro del cibo e, visto il clima, è prevedibile che anche in autunno rimarranno a stecchetto visto che ci sarà carenza di castagne». In una situazione del genere, le offerte di cibo degli uomini rappresentano una ghiotta occasione per i cinghiali: «Essendo molto intelligenti, se si abituano ad avere la cena alle sei di sera, li si troverà alle sei meno cinque ad aspettare il pasto». Questo può fare sorridere, ma in realtà rappresenta un problema: «Così facendo gli animali scendono in città e l’unico modo per ripristinare la situazione è, purtroppo, abbatterli », continua il biologo. «Non è possibile la loro traslocazione perché una volta portati nel bosco troverebbero il modo di andare nel paese più vicino per richiedere le attenzioni umane avute fino a poco tempo prima».

Lo testimoniano le foto scattate da Fabio Bussalino al Righi dove i cinghiali convivono ormai tranquillamente con famigliole in gita, pic nic, runner.
La soluzione, per il professore, è una: «L’unico modo sano di convivere con animali di questo tipo è il rispetto. Dobbiamo avere reciproco timore reverenziale, come sarebbe allo stato di natura. Negli Stati Uniti gli orsi vengono trattati questo modo: quando si affacciano alle porte di un paese si attiva una macchina di controllo che blocca immediatamente l’animale. All’orso viene applicato un collare per il monitoraggio degli spostamenti e soprattutto, al momento della cattura, l’animale viene appositamente maltrattato. Non sto dicendo, quindi, che è giusto picchiare i cinghiali, ma di non trattarli con i guanti di velluto. Ripeto: timore reverenziale reciproco, questo è necessario ».

È difficile fare una stima delle famiglie di cinghiali presenti in Liguria. Secondo o dati stimati dalla Regione per il 2016, sarebbe stato necessario abbattere 20mila capi, di cui ottomila solo nella provincia di Genova. «Non sappiamo con esattezza quanti siano i cinghiali – conclude Marsan – anche se per noi biologi sarebbe interessante. Comunque, quello che ci sta più a cuore è che questi animali non rappresentino un pericolo per l’uomo e che non distruggano intere coltivazioni».
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