Torino

Indennizzo alle vittime di reati violenti, la corte di giustizia europea condanna l'Italia

Lo Stato deve rifondere se il colpevole non viene trovato o non ha possibilità economiche: il caso è partito da Torino

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Non ha rispettato una direttiva comunitaria, e anche se in extremis è stata formulata una legge, la condanna per lo Stato italiano è arrivata lo stesso. Questa mattina la Corte di Giustizia europea ha emesso la sentenza contro l’Italia rea di non essersi adeguata alla normativa Ue per gli indennizzi alle vittime di reati violenti dolosi. Nel caso in cui, ad esempio, una donna abbia subito uno stupro ma il colpevole non sia stato trovato o non abbia possibilità economica di risarcirla, è lo Stato a dover provvedere a rifonderla in misura "equa e adeguata". Stessa cosa ad esempio per omicidi, o rapine con lesioni.

Il ministero di Giustizia ha commentato la notizia della condanna sottolineando che "l'Italia ora è in regola". Proprio per essere in linea con la direttiva europea, e "fatti salvi alcuni necessari aggiustamenti che ancora devono essere fatti" il nostro Paese ha proceduto a "necessarie modifiche normative", riferendosi alla 'legge europea 2015-2016' del luglio scorso, che contiene proprio la disciplina per l'indennizzo in favore delle vittime di reati intenzionali violenti.

Tuttavia, a differenza degli altri Stati, la norma  italiana del 7 luglio 2016 stabiliva che potessero essere indennizzate solo le vittime che avevano un reddito non superiore agli 11 mila euro l’anno, e che il risarcimento potesse arrivare dallo Stato solo al termine del processo con una sentenza di condanna con l’obbligo di tentare costose procedure per ottenere il pagamento dal condannato. Inoltre la vittima – sempre secondo la legge italiana -  non doveva aver percepito alcuna somma di denaro da parte di enti pubblici o privati o anche persone.

Con la sentenza di oggi si sancisce il principio che anche l’Italia deve adeguarsi alle regole degli altri stati comunitari “garantendo al cittadino dell’unione europea il diritto a ottenere un indennizzo equo e adeguato per le lesioni subite sul nostro territorio”. Gli Stati membri devono garantire alle vittime non soltanto l’accesso a un indennizzo secondo il principio di non discriminazione, ma soprattutto un livello minimo di indennizzo per qualsiasi tipologia di reato violento.

Questa decisione della corte di giustizia europea è importante anche per tutta una serie di procedimenti che attendevano in tutta Italia una pronuncia per poter procedere con le richieste di condanna dell’Italia. E’ il caso ad esempio della causa pilota partita da Torino, dove una ragazza vittima di uno stupro nel 2005 da parte di due romeni aveva ottenuto sia in primo grado che in appello una sentenza civile di condanna del governo per inadempimento alla direttiva. “Con questa sentenza la causa di questa ragazza potrà finalmente arrivare alla sua conclusione nel processo che pende in Cassazione”, spiega l’avvocato Marco Bona esperto in tutela dei danneggiati, e che per primo ha ipotizzato una responsabilità da parte dallo Stato per la mancata attuazione della direttiva europea.