Genova

“Violata la Bolkestein, stabilimenti fuorilegge”. La procura di Genova sequestra i bagni marini

Il pm Cotugno contesta l’inosservanza della direttiva nell’indagine sulla frana dell’Aurelia di Arenzano

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CHISSÀ cosa penserà la Corte di Giustizia Europea dell’Italia. E cosa diranno i ministri del Governo Renzi, se nel lungo braccio di ferro tra Bruxelles e Roma sulla Bolkestein si infila un magistrato quasi di “provincia”. E però, dove la politica non arriva o lascia “spazi” vuoti, allora giunge la giustizia. E già, perchè il pm Walter Cotugno, titolare dell’inchiesta sulla frana di Arenzano, respinge la richiesta di dissequestro delle aree demaniali situate a Sud dell’Aurelia. Qui insistono tre concessionari balneari, ed appellandosi alla direttiva europea che impone all’Italia di mettere a bando pubblico le autorizzazioni demaniali, il magistrato non toglie i sigilli. “Non saprei a chi dover riconsegnare le aree: se al Comune, al Demanio o a quale altro soggetto”, avrebbe detto il pm agli avvocati di uno dei tre concessionari che ha chiesto il dissequestro.
VA RICORDATO che Cotugno è il magistrato che tra il 2005 e il 2006 sulle concessioni demaniali aprì una vasta inchiesta, mettendo sotto tiro i canoni fuorilegge e le aree affidate a titolo gratuito in tutta la provincia di Genova. E adesso la Procura della Repubblica ritorna: interpreta il recente (dello scorso luglio) monito della Corte di Giustizia. Gli alti giudici di Lussemburgo per la seconda volta bocciano il decreto del Governo Monti del 2012, con il quale le concessioni balneari sono state prorogate fino al 2020. Va detto che nel 2009 il Governo Berlusconi aveva firmato una prima proroga. E però la sentenza, confermando le conclusioni a cui era arrivato nello scorso febbraio l’Avvocato Generale, dice che quel decreto oltre ad essere contrario al diritto comunitario, è illegale. E mette l’Italia in procedura di infrazione.
Il pm di Genova ritiene di non poter ignorare la direttiva Bolkestein. Peraltro, la massima magistratura europea era stata investita del caso dai giudici italiani, chiamati a pronunciarsi in due contenziosi che riguardavano proprio concessioni balneari. La Corte lussemburghese, se da una parte dice che le concessioni dei beni demaniali (in particolar modo le spiagge) ai privati sono legittime, dall’altra ricorda che “devono essere oggetto di una procedura di selezione tra i potenziali candidati, che deve presentare tutte le garanzie di imparzialità e trasparenza, in particolare un’adeguata pubblicità”. E “la proroga automatica delle autorizzazioni non consente di organizzare una siffatta procedura di selezione”.
Il richiamo, nella scorsa estate, da parte della Corte europea ha sollevato l’indignazione dei titolari di stabilimenti balneari. “Riecco gli euroburocrati che distruggono la nostra economia”, hanno tuonato i balneari, da Santa Margherita Ligure a Sanremo, da Lido di Camaiore a Chioggia, da Rimini a Gallipoli, da Capri a Taormina. Il nemico è sempre lo stesso: la Bolkestein. Anche se si sapeva che sarebbe finita così: «Nessuno si illudeva che la proroga generalizzata fosse legittima – ammette Giorgio Mussoni, presidente del sindacato Oasi di Confartigianato –. Il governo riprenda in mano la questione, metta regole che riconoscano la professionalità non come premio al vecchio, ma come garanzia per il futuro».
Il regime delle concessioni balneari era stato anche al centro di un lungo braccio di ferro tra la Commissione Europea e l’esecutivo italiano, con Bruxelles che aveva a più riprese sollevato obiezioni sulla compatibilità della normativa italiana rispetto alle regole sulla liberalizzazione dei servizi e sulla concorrenza.
Se non ci fosse di mezzo la “recidività” del pm Cotugno in tema di concessioni demaniali, il suo intervento nella controversia tra Bruxelles e Roma sembrerebbe quasi casuale. Dettato dal sequestro per ragioni di sicurezza dell’area attorno alla frana di Arenzano. Come si ricorderà, attorno alle 10 del 19 marzo scorso un costone di località Pizzo si è staccato dal versante soprastante, finendo per invadere l’Aurelia. Solo un caso fortuito ha evitato il peggio: due ore dopo da lì sarebbe dovuta transitare la classicissima Milano- Sanremo.
Da quella data la Statale Uno, per motivo di pericolo, è rimasta sotto sequestro fino a dieci giorni fa, quando il magistrato ha tolto i sigilli alla corsia Sud, per poter permettere l’inizio dei lavori da parte dell’Anas e la massa in sicurezza; così come ha fatto per la zona a Nord dell’Aurelia, quella direttamente interessata allo smottamento e di proprietà di Teresa Damonte (la suocera del consigliere regionale Matteo Rosso, di Fratelli d’Italia). Il pm, invece, non ha dissequestrato la parte di litorale demaniale a Sud della strada, dove insistono: lo stabilimento Balneare “Bagni Pizzo” (dato in concessione ai Damonte); il mini chiosco “Il Rifugio” dei fratelli Aiello; la “spiaggia dei cani” acquisita dal Comune di Arenzano dall’ex colonia di Alessandria; e la passeggiata pedonale a mare, pure questa pubblica. Il pm non toglie i sigilli per due ragioni. La prima: la sicurezza. La seconda: appunto la regolarità delle concessioni. E non ne fa mistero, tanto che ha incaricato la squadra investigativa del Corpo Forestale di indagare. Di aprire una “finestra” su un versante destinato a diventare caso nazionale e che soltanto sulla costa ligure interessa 1300 imprese.
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