Esteri

Pollicardo e Calcagno accolti dal ministro Gentiloni (ansa)

Libia, ex ostaggi Pollicardo e Calcagno rientrati in Italia: "Ci siamo liberati da soli"

Interrogati in caserma dei Ros: fino a mercoledì insieme a Piano e Failla. Picchiati e maltrattati dai carcerieri. Mattarella: "Cordoglio per vittime e sollievo per i liberati". Il figlio di Piano: "Ci dicano la verità sulla sua morte". Rosalba Failla: "Lo Stato ha fallito". Ancora ritardi per il rimpatrio delle salme

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ROMA - Gino Pollicardo e Filippo Calcagno hanno condiviso la detenzione fino a mercoledì scorso con Salvatore Failla e Fausto Piano, della cui morte hanno saputo solo una volta giunti a Roma. I due tecnici italiani, ostaggio in Libia per quasi otto mesi, liberati venerdì, hanno riferito di essere stati lasciati soli da due giorni, quando hanno sfondato la porta del nascondiglio in cui erano reclusi nella zona di Sabrata e sono fuggiti.

Il racconto. I due hanno detto che mercoledì i carcerieri hanno prelevato Salvatore Failla e Fausto Piano, forse per effettuare un trasferimento in una nuova prigione. Da allora Pollicardo e Calcagno non hanno più incontrato i loro sequestratori e non hanno ricevuto né acqua né cibo.

Calci e pugni. Pollicardo e Calcagno hanno subito violenze psicologiche e fisiche, hanno raccontato oggi agli inquirenti. Gli ostaggi italiani sarebbero stati picchiati con calci e pugni e in alcuni casi colpiti con il manico del fucile. Le violenze sarebbero state anche di natura psicologica alla luce del fatto che i carcerieri a volte non somministravano loro cibo per alcuni giorni.

Criminali comuni, non legati a Is. Secondo quanto emerge dalle parole dei due tecnici, il gruppo che li ha tenuti prigionieri sarebbe composto da islamisti non direttamente riconducibile all'Is. Si tratta quasi certamente una banda di criminali comuni. Secondo quanto ricostruito dai due con gli inquirenti, nel corso dell'audizione di oggi, i quattro italiani sono stati tenuti prigionieri sempre nella zona di Sabrata e sempre dalle stesse persone. Due i carcerieri che si alternavano. Del gruppo faceva parte anche una donna.

Incubo finito. L'incubo è finito per Pollicardo e  Calcagno, e per le loro famiglie. Alle 5 di questa mattina è arrivato all'aeroporto di Ciampino l'aereo con a bordo i due italiani. Ad attenderli c'erano i loro cari e il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni. I due tecnici della Bonatti erano stati rapiti il 20 luglio scorso nella zona di Mellitah, a 60 chilometri da Tripoli, insieme a Salvatore Failla e Fausto Piano, uccisi in uno scontro a fuoco tra fazioni rivali. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha inviato un messaggio  ai familiari di Failla e Piano per far pervenire loro il suo profondo cordoglio per la tragica morte dei loro congiunti in Libia. Il presidente ha inoltre espresso grande sollievo per il rientro in patria dei due ostaggi "finalmente ricongiunti alle proprie famiglie".

Finalmente a casa. Pollicardo e Calcagno sono parsi provati, ma in buone condizioni. Il loro rimpatrio è stato possibile soltanto al termine di una giornata di tensione e di un estenuante braccio di ferro con i libici. E alla fine, intorno alle 3:30, sono partiti dall'aeroporto di Mitiga a Tripoli, a bordo di un aereo speciale.
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I due tecnici, accompagnati da Gentiloni, stavano ancora percorrendo i pochi metri verso la palazzina di rappresentanza del 31 stormo, quando i loro familiari sono corsi ad abbracciarli. Prima Ema Orellana con i figli Gino e Jasmine e due nipoti si sono stretti piangendo e gridando di gioia a Pollicardo; subito dopo è stata la volta di Maria Concetta Arena con i figli Cristina e Gianluca e la nuora Loana nei confronti di Calcagno.

Davanti al pm. Sbarbati, stanchi ma felici, hanno iniziato il racconto. Secondo la prassi, Pollicardo e Calcagno hanno incontrato il pm Sergio Colaiocco nella caserma del Ros di Colle Salario. Molti ancora i punti oscuri di tutta la vicenda, a partire dall'identità dei rapitori, dalle modalità della liberazione, fino alla morte dei loro colleghi Failla e Piano. Non è ancora chiaro quando rientreranno in Italia le loro salme, al momento ancora in Libia, presumibilmente a Sabrata.
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Festa rinviata. "Stasera Filippo Calcagno dovrebbe fare ritorno a Piazza Armerina (En). Me lo hanno comunicato i suoi familiari. Ma nello stesso tempo mi hanno chiesto di rinviare ogni tipo di festeggiamento di almeno 24 ore per dare la possibilità al tecnico italiano liberato in Libia dopo un sequestro durato diversi mesi di riposare". Lo afferma ", ha annunciato il sindaco di Piazza Armerina, Filippo Miroddi. "Calcagno per ora - hanno proseguito i familiari - non intende per ora festeggiare né rilasciare dichiarazioni".

Renzi: "Accertare responsabilità". Intervendo a Domenica Live su Canale 5, il premier Matteo Renzi ha ribadito la necessità di fare luce sull'intera vicenda:"Dovremmo capire le responsabilità, perché i quattro" uomini poi rapiti "sono entrati in Libia quando c'era un esplicito divieto di entrarci da parte nostra. C'è stata un'operazione di intervento, probabilmente dei cantieri da visitare. È ancora da chiarire. La vicenda è molto delicata".

Presidente Bonatti: "Rispettati obblighi di legge". "Ovviamente noi eravamo in Libia per un ruolo ben preciso che avevamo e abbiamo tuttora all'interno degli impianti della Mellitha Oil and Gas. Sono 8 mesi che collaboriamo a stretto contatto con l'unità crisi della Farnesina. Abbiamo adempiuto tutti gli obblighi di legge" che deve rispettare chi opera in settori strategici e in aree critiche, ribadisce Paolo Ghirelli, presidente della Bonatti, società per cui operavano i due tecnici uccisi e i due rientrati in Italia in merito alle ragioni per cui si trovavano in Libia. "Attualmente sono una decina gli italiani che operano per noi in Libia. Alcuni dei nostri addetti, circa 250, sono espatriati internazionali, cioè personale non libico, e tra questi c'è un numero limitato di italiani, una decina, impegnati in funzioni che richiedono competenze tecniche evolute; gli altri, circa 300, sono libici".

Il figlio di Piano rompe il silenzio.  Il dolore delle famiglie dei due ostaggi uccisi resta come contraltare nella giornata della gioia per i due salvati. "Ora aspettiamo solo il ritorno a casa del corpo di nostro padre. Lo Stato ci deve dire la verità sulla sua morte", dice Stefano Piano, uno dei figli del tecnico sessantenne di Capoterra (Cagliari) ucciso in Libia con il collega Salvatore Failla, rompendo così il lungo silenzio della famiglia.

La vedova Failla: "Mi devono spiegazioni". Dopo lo sfogo di ieri, torna a parlare anche Rosalba Castro, la moglie di Salvatore Failla: "Sono felice per loro che sono rientrati a casa a riabbracciare i loro cari. Noi questa fortuna non l'abbiamo avuta. Mi fa stare male però che la liberazione sia avvenuta a 24 ore di distanza. Lo Stato ha fallito", ha detto la vedova del tecnico italiano. "In questi mesi le istituzioni ci sono state vicine, alcune persone del ministero degli Esteri ci hanno supportato giorno e notte - ha detto - . Grazie a loro io sono qui a parlare. Non si sa niente perché ancora si deve capire ciò che è successo. Queste spiegazioni dovrebbero arrivare, le hanno promesse. Me le devono. A Salvo lo devono", ha concluso. In un'intervista ai cronisti di Repubblica, l'amarezza di Rosalba Scorpo ha avuto uno sfogo anche più duro.
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Intanto, il direttore del Dipartimento media stranieri del governo Tripoli, Jamal Zubia, ha fatto sapere che "spetta al Procuratore generale" libico insediato a Tripoli "il compito di decidere quando i due corpi saranno restituiti all'Italia": "Non posso aggiungere altro", ha detto rispondendo a domande sulle procedure - possibile autopsia inclusa - per il rimpatrio delle salme di Salvatore Failla e Fausto Piano, che si troverebbero ancora a Sabrata.

Legale Failla: "Oltraggio l'autopsia a Tripoli". A rendere ancora più acuto il dolore per la morte del loro familiare, si aggiunge "la notizia che abbiamo appreso da organi di stampa, e questa è la cosa più grave, che è in corso in Libia, probabilmente a Sabrata, l'autopsia del povero Failla. Autopsia alla quale la signora, con tutte le sue forze ieri si era disperatamente opposta. Ci chiediamo in base a quale titolo, in base a quale diritto internazionale. Noi lo riteniamo un oltraggio", ha detto a Sky Tg24 HD, l'avvocato Francesco Caroleo Grimaldi, legale dei familiari di Salvatore Failla. "È chiaro - ha osservato il legale - che la genuinità dei rilievi autoptici che poi verranno effettuati in Italia è necessariamente inquinata, non può essere diversamente, dall'autopsia che sarà fatta in Libia".