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Riforma del Senato, ok finale dalla Commissione. Renzi: "Giornata straordinaria"

Dopo le polemiche, intesa sulla designazione dei rappresentanti di Palazzo Madama: conteranno anche i voti espressi alle elezioni regionali, non solo i seggi del Consiglio. No di Sel, M5S e Minzolini (Fi). Da lunedì il passaggio in aula: i grillini aprono a un asse trasversale per l'ostruzionismo

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ROMA - Dopo molte polemiche e resistenze, la commissione Affari costituzionali del Senato ha approvato interamente il ddl riforme, tra cui l'articolo n.2 riformulato dei relatori, Anna Finocchiaro (Pd) e Roberto Calderoli (Lega), sulle modalità di elezione "indiretta" dei senatori da parte dei consigli regionali. Schiarita, dunque, grazie alla nuova formulazione trovata dopo la riunione tra governo, maggioranza e Forza Italia che prevede che i senatori vengano eletti dai Consigli regionali su base prettamente proporzionale, senza tener conto, per esempio, dei premi di maggioranza utilizzati per la composizione dei Consigli stessi. Questo per non svantaggiare troppo i piccoli partiti. A fine giornata, Matteo Renzi - al termine del consiglio dei ministri - commenta: "E' un momento straordinario. Non ho preoccupazione per il voto. Anzi segnalo che tutte le previsioni dei gufi non si sono avverate".

"Ok dal Senato la prossima settimana". Hanno votato contro in Commissione M5S, Sel e il senatore di Fi, Augusto Minzolini, che tra l'altro non ha partecipato al voto finale. Da lunedì prossimo l'esame si sposta in aula. Secondo la presidente della Commissione, Anna Finocchiaro, intervistata da SkyTg24, il testo verrà approvato al Senato "certamente prima della pausa estiva, presumibilmente la prossima settimana".

Il Pd: "Altro passo verso il cambiamento". "Sono molto soddisfatta. Esce dalla Commissione un buon testo. E' stato rispettato l'impegno a far uscire il ddl entro oggi", ha dichiarato a caldo il ministro delle Riforme, Maria Elena Boschi. "Abbiamo lavorato per rendere il testo aderente anche alle critiche e alle obiezioni, per rappresentare al meglio la pluralità delle espressioni politiche di ogni territorio", ha aggiunto Finocchiaro. "Si compie un importante passo avanti per il Paese sul cammino del cambiamento", hanno affermato Debora Serracchiani e Lorenzo Guerini, vicesegretari del Pd.

I nuovi criteri. "I criteri chiesti e ottenuti con l'accordo raggiunto prevedono che l'assegnazione dei seggi sarà rigidamente proporzionale, in ragione dei voti espressi e della composizione di ciascun consiglio regionale", ha spiegato Paolo Romani, capogruppo Fi al Senato citando la riformulazione dell'emendamento Finocchiaro. Una variazione che comunque lascia la porta aperta alla possibilità di nuove modifiche da apportare durante l'esame dell'Assemblea.

"Poiché spesso il diavolo sta nei dettagli c'era stata qualche maliziosa interpretazione sulla prima formulazione - ha spiegato Romani - e ora invece il testo è molto chiaro e trasparente". Nella prima versione dell'emendamento Finocchiaro si prevedeva: "I seggi sono attribuiti con sistema proporzionale tenuto conto della composizione di ciascun consiglio regionale". Questo legame con la composizione dei consigli, secondo Lega e Ncd avrebbe reso troppo rigido il criterio di assegnazione dei seggi mentre nella nuova versione, viene spiegato, si lascia più margine alla legge elettorale ordinaria che seguirà la riforma.

La battaglia in Commissione. Questo dopo una giornata complicata anche per effetto dell'ostruzionismo portato avanti dal Movimento Cinque Stelle e da Sel. Motivo delle tensioni, come detto, l'articolo 2 relativo all'elettività del Senato, accantonato fino a oggi. La Lega non apprezzava che la legge elettorale per Palazzo Madama venisse inserita direttamente in Costituzione, come prevede la modifica depositata martedì sera dalla relatrice Anna Finocchiaro. Modalità non gradita nemmeno agli alfaniani di Ncd. Nel pomeriggio era stata la stessa Finocchiaro a dirsi "disponibile" a recepire modifiche al proprio emendamento sulle modalità di elezione dei senatori da parte dei consigli regionali.

SCHEDA
L'emendamento per Palazzo Madama non elettivo


La fronda in Forza Italia. Tuttavia, nonostante le parole rassicuranti di Romani, dentro Fi i 'frenatori' non mollano: il senatore Augusto Minzolini, uno degli oppositori più accaniti contro la riforma del Senato, ha votato no in Commissione. E oggi il gruppo azzurro si è incontrato per fare il punto con Denis Verdini, plenipotenziario di Fi e 'garante' del patto del Nazareno. Ai frondisti, l'ex coordinatore nazionale del Pdl avrebbe ribadito la necessità di tener fede all'impianto generale del patto del Nazareno rinnovato di recente tra il Cav e il leader del Pd. Sempre da Fi, in 23 oggi hanno chiesto il rinvio dell'incardinamento in aula del testo di riforma del Parlamento, soprattutto in vista della riunione dei gruppi prevista con Silvio Berlusconi nei prossimi giorni.

Romani: "Fi rispetterà i patti". "La riunione del gruppo al Senato è andata bene. I 22 colleghi, 17 di Fi e 5 di Gal avevano solo chiesto di aspettare qualche giorno per portare in Aula le riforme. Questi giorni ci sono stati e martedì prossimo all'assemblea dei parlamentari con Berlusconi molti di loro hanno detto che si atterranno alle indicazioni di partiti", ha rassicurato Paolo Romani, assicurando che la fronda interna sul ddl Boschi si è ridotta. "Noi non siamo impositivi", spiega, "e abbiamo voluto Minzolini in commissione proprio per rappresentare posizioni diverse".
 
La "minaccia" ostruzionista. Intanto, lunga riunione stamattina del Movimento Cinque Stelle di Palazzo Madama. Sul tavolo, il tema delle riforme: in Senato si va verso un asse trasversale che pensa all'ostruzionismo durante l'esame in aula per non far passare il provvedimento. Secondo quanto si e appreso in ambienti parlamentari, dopo l'apertura infruttuosa con il governo di Renzi sulla legge elettorale, il M5S ora apre le porte a tutti coloro che condividono una "battaglia sacrosanta" contro una riforma sbagliata.

Il no secco del M5S. "In Commissione si è alzato il sipario sulla vergognosa contro-riforma del Senato targata Renzi. I senatori, secondo il testo che la maggioranza di governo ha votato, potranno essere comodamente nominati dalle segreterie di partito, pescando anche tra condannati in via definitiva. Anzi godranno pure dell'immunità parlamentare! Resta inoltre aperta la porta ad una indennità (leggesi: "lauto compenso")", ha scritto in una nota Giovanni Endrizzi, capogruppo M5S in Commissione Affari Costituzionali del Senato.
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