Esteri

Giornalista Usa decapitato dagli jihadisti: "La nostra vendetta contro i raid di Obama in Iraq"

James Foley, quarantenne freelance di Boston, era stato rapito il 22 novembre del 2012. L'Is minaccia di uccidere anche un altro reporter americano, Steven Joel Sotloff, disperso dall'agosto del 2013 in Libia. Continuano i bombardamenti statunitensi
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DAMASCO - Orribile atto degli jihadisti dello Stato islamico, che controlla ampie zone di Iraq e Siria. In un video dal titolo "Messaggio all'America", hanno mostrato la decapitazione del giornalista James Foley, 40enne freelance di Boston, rapito il 22 novembre del 2012 in Siria. Nelle immagini si vede Foley in ginocchio con una tuta arancione, come quella indossata dai prigionieri di Guantanamo con alle spalle un uomo vestito di nero. Poco dopo, si vede il corpo di Foley con la testa insanguinata poggiata in grembo.
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Il video. Prima delle immagini della decapitazione, si leggono delle scritte in arabo ed inglese spiegare che questa è la prima risposta promessa a Barack Obama per i raid aerei degli ultimi giorni contro Is. Raid che hanno portato gli Usa, "su una superficie scivolosa verso un nuovo fronte di guerra contro i musulmani. Qualsiasi tuo tentativo, Obama, di negare le libertà e la sicurezza ai musulmani sotto il califfato islamico (il regime imposto da Is in parte di Iraq e Siria a fine giugno, ndr) porterà alla carneficina della tua gente".
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Nel video, lo stesso Foley si rivolge ai propri cari accusando gli Usa e Obama di essere responsabili della sua morte. Dopo, il guerrigliero  al suo fianco, che con un coltello taglia la testa a Foley, avverte che anche un secondo americano è nelle loro mani. Presentato come Steven Joel Sotloff, corrispondente di Time, disperso dall'agosto del 2013 in Libia, è indicato come la prossima vittima: "Dipende dalle prossime decisioni di Obama".

Youtube e Twitter hanno già rimosso le immagini.

La Casa Bianca. La Casa Bianca ha in mattinata (ora americana) confermato l'autenticità del video: "Gli Stati Uniti sono inorriditi - ha detto Caitlin Hayden, la portavoce del Consiglio nazionale di sicurezza - per la brutale uccisione di un innocente giornalista americano. Esprimiamo le nostre più sincere condoglianze alla famiglia e agli amici".

Il presidente americano Barack Obama è stato informato del video dell'Isis sulla decapitazione del giornalista mentre era sull'Air Force One, di ritorno a Martha's Vineyard, dopo essere rientrato a Washington per due giorni.

Gli Stati Uniti hanno risposto con i fatti, prima che con le parole, all'atto degli jihadisti: nuovi bombardamenti Usa sono infatti in corso nell'Iraq settentrionale.

La famiglia del giornalista. Anche la famiglia del giornalista ha confermato la morte del reporter. In un post sul sito istituito quando Foley fu rapito e sul profilo Facebook, la madre, Diane Foley ha scritto: "Non siamo mai stati così tanto orgogliosi di nostro figlio. Ha dato la sua vita per raccontare al mondo le sofferenze del popolo siriano". Diane Foley ha rivolto un accorato appello ai militanti islamisti: "Vi imploro di lasciare in vita gli altri ostaggi. Come mio figlio, sono innocenti. Non hanno alcun potere di incidere sulle politiche americane per l'Iraq, la Siria o per qualsiasi altra parte del mondo. Non abbiamo nulla da rimproverare a nostro figlio per quello che ha fatto in questi anni".
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"Ringraziamo Jim per tutta la gioia che ci ha dato. E' stato uno straordinario figlio, fratello, giornalista e persona", afferma ancora sua madre, che chiude il suo messaggio chiedendo "per favore, rispettate la nostra privacy nei prossimi giorni, mentre piangiamo per Jim", scrive in un messaggio postato sulla pagina Facebook intitolata 'Free James Foley'.
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Il rapimento nel 2012. Foley è stato rapito il 22 novembre 2012. Fino al giorno prima aveva inviato reportage e video dal nordovest della Siria, teatro di violenti scontri tra ribelli e regime di Damasco. Secondo le ricostruzioni, sarebbe stato prelevato nelle vicinanze di Taftanaz, insieme al suo autista e al suo traduttore, che sono poi stati rilasciati.

Reporter di guerra esperto, Foley aveva già coperto i conflitti in Afghanistan e Libia. Nell'aprile 2011 era già stato vittima di un rapimento nell'est della Libia, ad opera di un gruppo di sostenitori del regime di Gheddafi. Con lui erano stati prelevati altri due giornalisti, l'americana Clare Gillis e lo spagnolo Manu Brabo, mentre un quarto, il sudafricano Anton Hammerl, era stato ucciso. I tre avevano passato 44 giorni in prigionia prima di essere liberati. Lo stesso reporter aveva raccontato più volte questa sua difficile esperienza, affermando però che non gli aveva fatto perdere la determinazione a seguire gli eventi nelle zone di guerra. Durante un dibattito in una scuola di giornalismo in Usa, Foley aveva anche raccontato i primi momenti successivi alla liberazione: "Potevo fare una telefonata, una sola e l'ho fatta subito ai miei genitori".