Milano

Milano, un Blackberry violato col raggio laser ha incastrato i killer di via Muratori

Il reo confesso dell'esecuzione di Massimiliano Spelta e Carolina Suleyni Payano Ortiz è stato condannato all'ergastolo. Decisivo il lavoro sullo smartphone eseguito da professionisti londinesi

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Sulla scrivania ci sono altre carte da studiare. Ma quelle sul duplice omicidio di via Muratori a Milano sono sempre lì, in un angolo. "La più complicata indagine, la più ad ampio respiro, da quando sono alla Omicidi. È capitato di lavorare tanto tempo a un caso, a volte di mollare un po', ma su Mario Mafodda e su quel giro è stato fatto un lavoro allucinante. Per andare avanti hai sempre bisogno di un osso da rosicchiare. Noi ce l'avevamo". Condannato all'ergastolo in abbreviato, il reo confesso dell'esecuzione di Massimiliano Spelta e Carolina Suleyni Payano Ortiz in via Muratori venne qui a vuotare il sacco.

[[ge:rep-locali:rep-milano:68434487]]In questi uffici della Mobile, dove l'investigatore che ci riceve sospira a mente fredda su quel caso datato 10 settembre 2012 che scosse l'intera città: "Una condanna di questo tipo è una soddisfazione per chi fa il mio mestiere - racconta - Adesso capisci davvero di aver fatto bene il lavoro". Quella sera e quella notte, tra l'arresto di Mafodda e il suo verbale in cui l'ex sequestratore accusava se stesso e il complice Carmine Alvaro di quella mattanza, il nostro interlocutore la visse in diretta. "Sapevamo, o meglio credevamo da un po' che lui fosse l'esecutore. Ce lo suggerì, a suo modo, Ciro Finizio, il socio di Spelta (ora condannato in primo grado per traffico di droga): non so chi è stato, ma guardate tra chi non gli rispondeva più al telefono. Al contatto, 'Marioci', eravamo arrivati solo mandando a Londra il Blackberry della vittima, dove una ditta specializzata estrasse il microchip, sbloccò le password col laser ed estrasse i messaggi delle chat. Si aprì un mondo".

Dai laboratori alla strada, dopo aver scartato le false piste. "Dei dominicani, cui Spelta doveva soldi, che si stavano ancora organizzando per dargli una lezione quando già gli avevano sparato. E di Finizio stesso, che non aveva un tornaconto. Quella sera bloccai Mafodda per strada, lo spinsi contro la nostra auto e lo portai via. Da Monza arrivò la notizia che a casa dei suoi due complici sudamericani c'erano 30 chili di droga". Mezzo bingo. La tombola negli uffici della Mobile. "Eravamo forti. Sapevamo cose, ma lui non sapeva quante. Gli dicemmo: siamo alla Omicidi, cerchiamo altro. Sbiancò. E crollò, da balordo vecchio stampo, forse per proteggere la compagna".

[[ge:rep-locali:rep-milano:82259006]]Resta, nella filigrana di questa storia, un mestiere lontano da quello narrato in letteratura, al cinema o in tv. Quello dei commissari cavalieri solitari a caccia di assassini. "E invece è un'alchimia di squadra. Da coordinare, perché c'è chi deve andare a fare il porta a porta, a guardare i cestini o sotto le auto o le telecamere, entrare in empatia con testimoni o balordi. Avere colpo d'occhio per macchie o ferite. Mestiere specializzato, ma la notte di un omicidio è ancora il momento del lavoro di tutti, e tutti si fermano in ufficio a dare una mano. Ma c'è ancora lo spazio per l'intuizione solitaria. Quando ti porti il lavoro a casa, ci pensi di notte, e il giorno dopo scopri una cosa nuova".