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"Taxi Driver", 40 anni di un film culto. Il Vietnam visto da un tassista

Arrivava nelle sale americana l'8 febbraio del 1976 il film di Martin Scorsese con Robert De Niro, primo tentativo del cinema Usa di affrontare la ferita aperta del Vietnam

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"You talkin' to me? You talkin' to me?". Traducendo nella versione italiana, alla voce il fido Ferruccio Amendola: "Dici a me? Dici a me? Ma dici proprio a me? Ehi con chi stai parlando? Dici a me? Non ci sono che io qui''. Un uomo, un reduce del Vietnam, un disadattato, un certo Travis Bickle (Robert De Niro) litiga con se stesso davanti allo specchio puntando la pistola sull'immagine riflessa. E il bello è che era stata completamente improvvisata, sulla base di un solo rigo di sceneggiatura (scritta da Paul Schrader). Un De Niro tarantolato e giovanissimo fa le prove generali dell'apocalisse. È la scena più citata e memorabile di uno dei film di maggior culto della storia, Taxi Driver di Martin Scorsese, che compie quarant'anni: l'8 febbraio del 1976 ci fu, infatti, la prima proiezione americana, mentre da noi sarebbe arrivato a fine agosto, il tempo di stravincere una Palma d'Oro a Cannes.
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Un capolavoro a basso budget, ruvido e dostoevskijano. Le memorie dal sottosuolo metropolitano del regista italoamericano, a tinte forti ma desaturate: gli fu imposto di sfumare il colore della pellicola per evitare tonalità troppo violente, ma l'effetto finale fu stupefacente. Mai come in Taxi Driver la depressione, la brutalità sorda, l'attitudine borderline, punteggiate dalla colonna sonora di Bernard Herrmann (già all'opera in Psycho di Hitchcock) avevano e avrebbero più trovato una rappresentazione così realistica al cinema. Quarant'anni ma sembra l'altroieri, o dopodomani: parliamo di un film per ogni generazione, finché ci saranno vita sul grande schermo e la mistica dell'attrazione-repulsione per il lato sbagliato e un po' infernale della strada. Fu candidato anche a quattro Oscar, ma non se ne aggiudicò nessuno: ne fece man bassa Rocky, altro anniversario importante di questo 2016. Però Taxi Driver è stato tutta un'altra cosa, drammatica, febbrile, epifanica. "Era la metà degli anni ’70 e a New York andava tutto a rotoli - ha raccontato Scorsese -. Il governatore ci aveva mandato al diavolo, disse che non ci avrebbe aiutato. Nello script c’era scritto che Bob doveva andare su e giù per l’ottava, tra la 42esima e la 57esima. Era perfetto! Era la zona in cui si riprendeva di più il senso di violenza in città. Anche se faceva parte del mio background a New York, l’aria di violenza in quella zona d’estate, di notte, era palpabile. Si percepiva chiaramente e a volte era molto pesante”.
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La trama è conosciutissima. Ex marine, dello sporco conflitto vietnamita Travis si è trascinato la guerra in testa e l'ha trasbordata in una Grande Mela livida e peccaminosa. Ha passioni stridenti il nostro antieroe. La pornografia, e una moralità per assurdo. "Io ho sempre sentito il bisogno di avere uno scopo nella vita, non credo che uno possa dedicarsi solo a se stesso, al proprio benessere. Secondo me uno deve cercare di avvicinarsi alle altre persone". Nottetempo guida il suo taxi. Viaggia al termine di una notte infetta di libertà e miserie. "Vengono fuori gli animali più strani, la notte: puttane, sfruttatori, mendicanti, drogati, spacciatori di droga, ladri, scippatori. Un giorno o l'altro verrà un altro diluvio universale e ripulirà le strade una volta per sempre". Diventa sempre più ossessionato dalle sue frustrazioni, dalla solitudine, dai suoi vecchi e nuovi demoni. Si invaghisce di Betsy ma lei scappa subito via. Travis non riesce a dare ordine al caos interiore nel regno di fuori. La redenzione passerà, secondo lui, folle igienista del mondo, per il salvataggio di una squillo poco più che bambina (Jodie Foster) e per l'onore lavato nel sangue. Nella roulette capricciosa del bene e del male, finirà per acquisire le sembianze dell'ineffabile eroe urbano. A futura memoria, senza redenzione.
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Qualche altro aneddoto. Robert De Niro lavorò come tassista nei sei mesi precedenti alle riprese, e si alfabetizzò con puntiglio sul tema "malattie mentali". In più recitava, contemporaneamente, in Novecento di Bertolucci: mica un filmetto d'alleggerimento. Actors Studio all'ennesima potenza. Tra le influenze dichiarate di Taxi Driver ricorrono spesso il disco Astral Weeks di Van Morrison, Sentieri selvaggi di John Ford e i diari di Arthur Bremer, aspirante omicida di George Wallace (già governatore dell'Alabama). È stato il primo lungometraggio ad affrontare con consapevolezza, seppur come premessa o semplice retropensiero, la ferita aperta della guerra in Vietnam e del disturbo da stress post-traumatico dei suoi reduci. E quando Travis/De Niro progetta di uccidere il senatore Palantine, si taglia i capelli alla Mohawk, cosa che veramente avveniva nel corso degli assalti nella giungla vietnamita.
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Com'era inevitabile, Taxi Driver è stato saccheggiato e parodiato infinite volte, soprattutto per il monologo psicotico-scespiriano fronte specchio. Da L'odio di Kassovitz a Il Re Leone della Disney, passando per Ritorno al futuro - Parte terza e Hackers (con un floppy disk invece dell'arma). Non si sono esentati dal gioco metafilmico nemmeno I Simpson e il cattivissimo I Griffin. Perché "in ogni strada, in ogni città c’è sempre un nessuno che sogna di essere qualcuno. È un uomo dimenticato e solitario che deve disperatamente provare di essere vivo".