Antonio Monda e l'amore per New York

9788804634843Si è innamorato subito di New York. In un viaggio premio dopo la maturità, una folgorazione, e dopo un periodo di pendolarismo dal 1994 ci si è trasferito, con sua moglie. La Grande Mela diventa «una madre adottiva, concreta, che mantiene le promesse, perché New York è ciò che l’America promette di diventare, è la realizzazione già effettuata del sogno americano. E per vivere in un posto così, una città piena di imperfezioni, ma la più vitale, entusiasmante, eccitante del mondo, ho fatto di tutto: tanti lavori in nero, anche l’imbianchino, disastroso, e poi tra i 32 e 36 anni ho fatto il “super”, una via di mezzo tra portiere e amministratore di condominio, che ripara caldaie, riscuote affitti e molto altro. Ero il peggior “super” del mondo, e c’era il rischio di esplosioni ogni volta che manipolavo le caldaie».

Antonio Monda, scrittore, docente all’Università di New York, corrispondente dagli Usa per diverse testate, è alla libreria Ambasciatori intervistato dalla giornalista Francesca Parisini per raccontare il suo ultimo romanzo: La casa sulla roccia (Mondadori). Un libro ovviamente ambientato a New York, dove si svolgeva anche il precedente, L'America non esiste, e dove vuole ambientarne dieci, «uno per ogni decennio, per raccontare il 900». Con La casa sulla roccia si parla degli anni sessanta, in una giornata ma con molti flash back. C’è una coppia felicemente sposata: un ricco avvocato, Warren, che compie settant’anni, e sua moglie Elizabeth, Beth per tutti, che riceve una telefonata all’improvviso. Qualcuno la chiama Liz, una voce che la riporta indietro nel tempo: è lo spagnolo Luis, passionale e romantico amore giovanile. «La scommessa è stata adottare una voce femminile, e farle raccontare come la bellezza di cui si è circondata rischi di andare in frantumi per una persona che non sente da 40 anni. È un romanzo sulla fragilità dei sentimenti, per il quale mi sono ispirato a James Joyce, al racconto I morti, in cui una donna sposata, benestante, entra in crisi perché una canzone le ricorda un amore adolescenziale».

Scegliendo a suo tempo Warren, Beth costruisce la sua casa sulla roccia, una vita serena e solida, ma la domanda è: «cosa perdiamo con una scelta di saggezza? E dove vanno a finire le passioni?» Il romanzo prova a rispondere, mettendo in scena anche una grande passione di Monda: la boxe, «lo sport con la massima immediatezza ed efficacia, a cui tutti gli altri sport vogliono somigliare. Dominare il rivale, umiliare l'avversario non è bello, ma è umano, ed per questo la boxe è tanto presente nella letteratura e nel cinema». E i due incontri a cui assiste Elizabeth sono significativi. Uno il 24 marzo 1962: Griffith contro Paret, finito in tragedia, perché Paret insulta Griffith per la sua omosessualità, e questi lo pesta sul ring a tal punto da mandarlo in coma e farlo morire. Il secondo nel 1971, Muhammad Alì contro Frazier, «un evento di portata storica», ma c'è una grande differenza: «se al primo era andata con Luis, appassionato di boxe, qui ci va con Warren, che non ama il pugilato, ed è lì per concludere un affare».

Ora chissà se il libro diventerà un film. Il cinema è un altro amore di Monda, già assistente dei fratelli Taviani, e ora direttore di Open Roads. New Italian Cinema, festival newyorkese di successo dedicato al cinema italiano. Intanto sta consegnando il terzo romanzo, «una storia drammatica negli anni dieci, e il successivo sarà ambientato negli anni settanta». Per il cinema bisogna aspettare che La casa sulla roccia esca negli Usa, poi si vedrà. Ma siamo a New York, dove il sogno americano si realizza.

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