Esteri

Elfriede Jelinek: "È gente indifesa non fare nulla condanna noi stessi"

La premio Nobel austriaca: "Il prezzo della loro salvezza salirà"

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TUTTI i suoi testi raccontano il senso di una dolorosa inadeguatezza verso il mondo e ora, di fronte alla tragedia dei migranti che ha colpito anche il suo paese, l'Austria, con la stessa passione rabbiosa, sarcastica, desolata dei suoi personaggi, dice: "Trattandoli come feccia, lo diventiamo anche noi". Elfriede Jelinek, 68enne premio Nobel per la letteratura nel 2004 (La pianista, Nuvole. casa, Voracità e molto teatro) parla di "dimensione di terrore" davanti alle 71 vittime di pochi giorni fa abbandonate dentro un camion in una autostrada austriaca. Una tragedia che lei aveva già riconosciuto.

Nel 2013 quando scrisse Die Schutzbefohlenen (I rifugiati coatti)  -  una prima parte vista in Italia nella mise en espace di Claudio Longhi al "Focus Jelinek" organizzato da Elena Di Gioia a Bologna (e quattro testi teatrali di quel focus si vedranno a Roma nel festival Short Theatre dal 7 settembre)  -  affrontava la questione della "inaccessibilità" dell'Europa "perché già allora avevo la sensazione di non poter accettare quello che succedeva".

Signora Jelinek, oggi quale sentimento prova davanti ai "Tir della vergogna" ?
"Lo stesso di quando 800 profughi soffocano o annegano nelle navi traballanti nel bel mare delle vacanze dei bambini: non ho letteralmente parole. Per i politici è normale, conoscono le espressioni retoriche di raccapriccio e sgomento, ma fanno solo inorridire davanti a profughi sopravvissuti che vegetano in condizioni disumane".

La reazione che sta montando in Europa è però l'intolleranza, uno strisciante razzismo.
"Sì, la cosa terribile è che i partiti e movimenti dell'estrema destra fingono di avere così la soluzione per tutto. E vengono pure eletti. La verità è che sotto la loro pressione chi decide non fa niente per aiutare i profughi a passare, mentre i fanatici incendiano i centri che li ospitano. E questo in uno dei paesi più ricchi d'Europa".

Non trova che anche l'accoglienza senza regole, invocata dalla Chiesa per esempio, forse non è una soluzione, o no?
"L'estrema destra che ora cucina la sua minestra a buon mercato, può anche ridicolizzare i cosiddetti buonisti, l'hanno sempre fatto. Ma senza questi "buonisti", senza tutte quelle iniziative locali non ci sarebbe stato molto altro".

Vuol dire che una risposta politica giusta non c'è stata?
"La politica da tempo ha perso il controllo. Ci sono singole iniziative confortanti e impegnate, ed è un bene perché ci ricordano che si ha a che fare con singole persone, non con una massa senza volto. Ma non vengono eliminate le cause di questa migrazione, a partire dalla destabilizzazione in Medio Oriente. Quanta soddisfazione molti di noi hanno avuto per la Primavera araba, ma ora la conclusione da trarre qual è: che una dittatura, anche nefasta è preferibile a questa catastrofe? Meglio lasciare infierire Assad o Gheddafi? Non so. Il risultato è che lo Stato islamico con le sue efferatezze, che nessuno avrebbe potuto immaginare, neppure nei peggiori incubi, si è sostituito a governi deboli".

Se l'esodo continua, continueranno anche altre tragedie: possiamo stare a guardare?
"Non potrà che peggiorare. Si può solo tentare di restare razionali e di pianificare. In Europa la gente teme che queste persone indifese possano sottrarci qualcosa, ma ci verrà sottratto molto di più se non facciamo niente, il prezzo della loro salvezza salirà perché salirà sempre più la domanda di persone e popoli che vogliono migliorare la loro vita. Tenteranno di tutto, perché non hanno paura della morte, l'hanno vista troppe volte per temerla. Sì, trattandoli come feccia, lo diventiamo anche noi, perché noi siamo come loro".