Parma

Addio al papà del piccolo Tommy
Si è spento Paolo Onofri

Da oltre cinque anni era in stato di coma vegetativo, dopo essere stato colpito da un grave attacco cardiaco

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Se n'è andato il papà del piccolo Tommy. Paolo Onofri, l'uomo reso noto dall'inaudito crimine che sconvolse l'Italia nella primavera del 2006, era ricoverato in stato vegetativo da ormai più di cinque anni nella clinica “Cardinal Ferrari” di Fontanellato.

FOTO LASCIA UN RICORDO

Era il 12 agosto 2008 quando Onofri venne colpito da un grave attacco cardiaco mentre era in vacanza con la moglie Paola Pellinghelli e il figlio maggiore a Folgaria, in Trentino. Si accasciò durante una passeggiata e rimase col cuore fermo fino all'arrivo dei soccorsi, che lo trasportarono d'urgenza all'ospedale Santa Chiara di Trento. I danni cerebrali dovuti al blocco cardiocircolatorio si rivelarono da subito gravissimi. Onofri non si è più ripreso dal coma vegetativo.

Un anno dopo il dramma, il tribunale di Parma ne ha dichiarato l'interdizione per incapacità di intendere e di volere, su richiesta della moglie. Un atto dovuto. Per una famiglia già così duramente colpita dalla tragedia, un'ulteriore durissima sofferenza. Paola Pellinghelli ha più volte dichiarato alla stampa che non avrebbe consentito l'accanimento terapeutico sul marito. Oggi Onofri si è spento. Avrebbe compiuto 55 anni il prossimo maggio.
 
IL RAPIMENTO DI TOMMY - La triste vicenda del piccolo Tommy fece finire loro malgrado sotto i riflettori i genitori del piccolo fin dai primi attimi dopo il rapimento del 2 marzo 2006. Forze dell'ordine e opinione pubblica reagirono con incredulità al racconto del bimbo di 17 mesi prelevato dal seggiolone da due uomini incappucciati che avevano fatto irruzione nel casolare di Casalbaroncolo all'ora di cena.

LA VICENDA GIUDIZIARIA

Era la verità, ma se ne dubitò fino all'ultimo. Fino al momento che segnò la fine di ogni speranza: il ritrovamento del corpicino di Tommaso sepolto lungo l'argine dell'Enza a pochi chilometri da casa Onofri, nel luogo indicato da Mario Alessi.
 
Per un mese gli inquirenti si concentrarono sui genitori. In particolare sul padre, Paolo Onofri, direttore di un ufficio postale. Un matrimonio finito alle spalle, un figlio dalla precedente relazione, due dalla seconda unione. Un uomo imponente, giudicato “duro” dalle immagine che rimbalzarono su tv e stampa. Poi emersero alcuni particolari delle indagini: in una cantina di via Jacchia ad uso di Onofri gli inquirenti trovarono un computer con file pedopornografici. L'opinione pubblica lo avrebbe mandato subito alla sbarra.

Invece, il padre del piccolo Tommy non c'entrava nulla col rapimento del suo bambino. Erano sinceri gli accorati appelli per la liberazione di Tommaso, le preghiere ai sequestratori perché somministrassero al piccolo farmaci anti-epilettici. Il cerchio si sarebbe stretto intorno a tre balordi che avevano ordito un piano per estorcere denaro a una famiglia neppure particolarmente benestante, operai a cui Onofri aveva affidato i lavori di ristrutturazione della villetta di Casalbaroncolo.

L'epilogo è tristemente noto. Per le accuse di pedopornografia, Paolo Onofri patteggiò 6 mesi di reclusione. Poi, a due anni dalla tragedia di Tommy, fu abbattuto dalla malattia. Oggi è pianto dalla famiglia, che chiede che venga rispettato col silenzio il suo dolore. (m.c.p.)