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Quarant'anni senza Pasolini, torna il testamento "Salò"

Il 2 novembre 1975 moriva Pier Paolo Pasolini. A metà novembre veniva presentato alla stampa "Salò o le 120 giornate di Sodoma", suscitando reazioni controverse. Quarant'anni dopo quell'allegoria del potere torna nei cinema restaurato, momento centrale della commemorazione del suo autore. Il cui destino, secondo David Grieco, sarebbe legato a doppio filo a quel film e all'unico furto con richiesta di riscatto che la storia del cinema abbia conosciuto

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Il 10 gennaio 1976 il film postumo di Pier Paolo Pasolini Salò o le 120 giornate di Sodoma arriva nelle sale italiane. Nove settimane prima il suo autore è stato assassinato e il processo al suo presunto assassino, il minorenne Pino Pelosi, ancora non è iniziato. Il film, un'allegoria del potere attraverso la violenza e il sesso, è stato presentato alla stampa il 22 novembre al festival di Parigi. Anche i critici italiani sono accorsi in Francia per vederlo, perché in Italia il film non ha ottenuto il visto censura: le sue "immagini così aberranti e ripugnanti di perversione sessuale offendono sicuramente il buoncostume e come tali sopraffanno la tematica ispiratrice del film sull'anarchia di ogni potere", si legge nel verdetto. Le reazioni sono controverse. Quando il film, per la tenacia del suo produttore Aurelio Grimaldi, arriva nei cinema italiani l'attesa è enorme. Nonostante sia proiettato in sole tre sale, a Milano il film attira 15.675 spettatori. Non mancano gli incidenti: alcuni contestatori lanciano fialette di liquido puzzolente durante una proiezione. Tre giorni dopo il film viene sequestrato e viene aperto nei confronti di Grimaldi un procedimento per commercio di pubblicazioni oscene. Più di un anno dopo (previa l'eliminazione di sei sequenze) il film torna nelle sale vietato ai minori di 18 anni. La pellicola su cui si è ormai creato un incredibile e morboso interesse, alla fine arriva a due milioni di spettatori. Lunedì 2 novembre Salò o le 120 giornate di Sodoma torna in 65 cinema d'Italia nel giorno dell'anniversario della morte del suo autore, nella versione che il suo autore avrebbe voluto e in edizione restaurata.


Sesso come metafora del potere.  Il 25 marzo 1975, durante la lavorazione del film, il Corriere della Sera pubblica un'autointervista dal titolo "Il sesso come metafora del potere". Pasolini scrive: "Oltre che la metafora del rapporto sessuale che la tolleranza del potere consumistico ci fa vivere in questi anni, tutto il sesso che c'è in Salò è anche la metafora del rapporto del potere con coloro che gli sono sottoposti. In altre parole è la rappresentazione di quella che Marx chiama la mercificazione dell'uomo: la riduzione del corpo a cosa, attraverso lo sfruttamento". Il film, tratto dal romanzo del marchese De Sade ma trasposto durante la Repubblica di Salò, mette in scena una serie di violenze psicologiche, fisiche e sessuali che quattro rappresentanti del potere, un Duca, un Vescovo, un Presidente di Corte d'Appello e un Presidente della Banca centrale, infliggono a un gruppo di ragazzi e ragazze che hanno fatto rapire dalla milizia fascista e da alcuni SS. Per centoventi giornate, con la complicità di quattro ex prostitute, i quattro imporranno una serie di sevizie e umiliazioni in un crescendo di violenza che mette a dura prova lo spettatore.

"Salò" nelle sale per i 40 anni dalla morte di Pasolini


Il furto delle pizze dietro l'omicidio Pasolini. Salò è considerato il testamento cinematografico di Pasolini, e non solo perché è il suo ultimo film. Potente atto d'accusa diretto al potere politico ma anche a quello religioso, economico e giudiziario, Salò è un altro tassello del mosaico che l'autore stava componendo negli ultimi anni della sua vita, al pari degli articoli scritti per il Corriere della Sera (tra cui quello pubblicato il 14 novembre '74 dal titolo "Cos'è questo golpe? Io so") e di Petrolio, l'incompiuto romanzo-inchiesta che metteva sul banco degli imputati la classe dirigente dell'epoca. Opere e denunce che secondo molti gli sono costate la vita. E nella sequenza di eventi che hanno portato alla morte di Pasolini, un passaggio chiave riguarda proprio il suo ultimo film. Lo sostiene David Grieco, giornalista, scrittore e amico di Pasolini, che a questa teoria ha dedicato un libro (La Macchi-nazione, Rizzoli) e un film, in arrivo nelle sale a febbraio. "A fine agosto furono rubate dalla Technicolor le pizze di Salò - racconta Grieco  - e venne chiesto un riscatto di due miliardi, caso unico nella storia del cinema. Pasolini si rifiutò di pagare: disse al produttore che avrebbe ricavato un negativo da un positivo e che avrebbe fatto a meno degli originali. Poco tempo dopo un esponente della Banda della Magliana si presentò al collaboratore e amico di Pasolini Sergio Citti e disse che avrebbero restituito le pizze anche gratis se avesse organizzato un incontro con il regista. Sulle prime Pasolini, spaventato, disse che non ci sarebbe andato perché l'invito arrivava da persone che maneggiavano un sacco di droga e che uccidevano su commissione. Quando in un secondo momento ci ripensò, fu solo perché convinto da Pino Pelosi, che il regista aveva conosciuto da qualche tempo e che, consapevolmente o no, aveva finito per fare da esca per i suoi carnefici".

Grieco su Pasolini: "Fu una macchinazione"



Ettore Scola: "I giovani non devono dimenticare Pasolini"


Scola e la prefazione mancata: "I giovani non devono dimenticare". Tra i tanti che in questi giorni hanno ricordato Pasolini c'è anche Ettore Scola, amico e collega di Pasolini, che nel 1975 stava girando Brutti sporchi e cattivi, una sorta di aggiornamento di Accattone, nella Ostia di dieci anni dopo. Scola gliene aveva parlato e Pasolini si era offerto di fare una prefazione filmata al film di Scola "come si fa per i romanzi, come Moravia faceva per i giovani romanzieri", ma venne ucciso prima di poterla girare. Scola ricorda Pasolini come "un intellettuale, un poeta, un cineasta preoccupato da cosa stava diventanto l'Italia, ha parlato di genocidio culturale perpetrato dalla società dei consumi facendo giustizia di tante culture. Il nostro è un paese dell'oblio, dell'evento del momento, che tende a dimenticare tutto ciò che appartiene al passato per cui è importante che i giovani recuperino la memoria che continua ad essere l'unico strumento vitale, indagare su quelle radici per capire cosa può servire loro per crescere".