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Caso Regeni, fallito l'incontro con Egitto. Renzi: "Richiamo ambasciatore scelta di dignità"

(ansa)
Decisivo il rifiuto di consegnare dati traffico telefonico. Boldrini: "L'Italia non si ferma fino a piena verità". Bonini e Foschini: nessun dossier di duemila pagine, dal Cairo solo "un modesto scartafaccio". La famiglia di Giulio: "Amareggiati, ma certi che Istituzioni non si fermeranno"
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ROMA -  Si è rivelato un sostanziale fallimento il vertice tra Italia ed Egitto sul caso Regeni. È quanto si è appreso in ambienti giudiziari della Capitale. Dal comunicato diramato dalla Procura di Roma emerge la forte delusione di inquirenti e investigatori che non hanno viste soddisfatte le richieste avanzate per rogatoria l'8 febbraio scorso. Di fatto la collaborazione con le autorità giudiziaria egiziane è interrotta. L'Italia ha richiamato l'ambasciatore al Cairo, Maurizio Massari.

Sulla vicenda è intervenuto il premier. "L'Italia - ha detto Matteo Renzi - ha preso un impegno con la famiglia Regeni, con la memoria di Giulio Regeni, ma anche con la dignità di ciascuno di noi nel dire che non ci saremmo fermati se non davanti alla verità. Il procuratore di Roma, dottor Pignatone e i suoi collaboratori si sono espressi considerando deludenti i colloqui con le autorità egiziane e quindi è arrivato il richiamo in Patria per consultazioni dell'ambasciatore. Ci fermeremo solo davanti alla verità quella vera".

Delusione degli inquirenti. La delusione della delegazione  italiana è legata, come emerge anche da un comunicato emesso dalla Procura, dalla mancata consegna, tra l'altro, dei tabulati telefonici di una decina di utenze riconducibili ad altrettanti cittadini egiziani. Inoltre, secondo quanto si apprende , non sono state consegnate anche le richieste "relative al traffico di celle".Tutti elementi ritenuti indispensabili dalla Procura di Roma.
La famiglia: "Istituzioni non si fermeranno". "Siamo certi - hanno detto i genitori di Giulio - che le nostre istituzioni e tutti coloro che stanno combattendo al nostro fianco questa battaglia di giustizia, non si fermeranno fino a quando non otterranno verità".
La famiglia Regeni aveva "preso atto con amarezza del fallimento del vertice tra le autorità giudiziarie italiane e quelle egiziane" e aveva "espresso soddisfazione per la decisione del ministro Gentiloni di richiamare in Italia l'ambasciatore Massari".

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Egitto insiste su banda criminale. Nella loro nota gli inquirenti italiani fanno sapere che i colleghi egiziani "hanno riferito le circostanze attraverso le quali sono stati" ritrovati i documenti di Regeni e che solo al termine  delle indagini "sarà possibile stabilire il ruolo che la banda criminale, coinvolta nei fatti del 24 marzo 2016". Ma Procura di Roma ha ribadito  di essere convinta che questa banda non sia coinvolta in modo diretto nelle torture e nell'omicidio. Sono stati inoltre consegnati alle autorità italiane "i tabulati telefonici delle utenze egiziane" di due amici di Regeni", "la relazione di sopralluogo, con allegate foto del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni, una nota ove si riferisce che gli organizzatori della riunione sindacale tenuta a Il Cairo l'11 dicembre 2015, cui ha partecipato Giulio Regeni" e "hanno comunicato che non sono state effettuate registrazioni video ufficiali dell'incontro".

Quella odierna era l'ultima tranche del confronto tra il pool di inquirenti italiano e quello del Cairo. Una fonte di alto livello della presidenza egiziana al Cairo aveva detto in precedenza che la delegazione di inquirenti a Roma "ha presentato gli ultimi sviluppi delle inchieste" sul caso di Giulio Regeni e "speriamo che ciò metta fine alle ambiguità". La fonte si è limitata a premettere che "lo scopo della visita della delegazione egiziana a Roma è un tentativo di chiarire alla parte italiana molti punti ambigui a proposito dell'uccisione dell'accademico".

Ma la ricerca della verità prosegue: "Di fronte a un fatto così grave l'Italia non può fermarsi se non quando avrà ottenuto la piena verità", ha sottolineato ancora una volta la presidente della Camera Laura Boldrini nel corso dell'incontro, a Stoccolma, con la Ministra degli Esteri svedese Margot Wallstrom.

Delusione già ieri. Di ieri si sa poco, ma l'esito è stato deludente. Gli italiani, si è appreso, hanno illustrato i risultati dell'autopsia e l'analisi del computer di Giulio Regeni. La delegazione egiziana ha solo aggiornato i titolari dell'inchiesta romana dell'attività svolta successivamente al 14 marzo, giorno in cui il procuratore Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco si recarono al Cairo per un primo confronto.

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Nonostante le due delegazioni ieri siano rimaste chiuse nei locali della Scuola di polizia di via Guido Reni, a Roma, per cinque ore, la verità è che non è accaduto nulla di nuovo. Nei faldoni dei due magistrati e quattro dirigenti degli apparati di sicurezza (polizia e Sicurezza Nazionale) arrivati dal Cairo non c'è l'ombra delle annunciate duemila, tremila pagine. Come scrivono oggi su Repubblica, Carlo Bonini e Giuliano Foschini, è stato portato dal Cairo solo "un modesto scartafaccio".

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Le nuove indagini. La riunione di oggi doveva servire a impostare le prossime attività di indagine, per questo si è mantenuto il massimo riserbo sui materiali ricevuti, per non compromettere l'atmosfera già tesa tra i due Paesi dopo le dichiarazioni del Governo italiano che a più riprese ha sottolineato come la due giorni di Roma fosse una sorta di ultima chance per l'Egitto di dare prova di un cambio di passo nelle indagini. In caso contrario "ci saranno contromisure" aveva avvertito due giorni fa il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni.

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L'Italia chiede nuovi accertamenti.  Durante l'incontro con la delegazione egiziana, le "forze di polizia italiane hanno richiesto una serie di accertamenti - si legge nel comunicato della procura - per una efficace collaborazione alle indagini condotte dalle autorità egiziane. Queste ultime hanno preannunciato nuove richieste di atti ed informazioni alle autorità italiane". "La Procura egiziana - conclude la nota - ha assicurato che la collaborazione continuerà attraverso lo scambio di atti di indagine fino a quando non sarà raggiunta la verità in ordine a tutte le circostanze che hanno portato alla morte di Giulio Regeni".

Il pool. La squadra di oggi è rimasta invariata. I dirigenti del Servizio centrale operativo (Sco) della polizia di Stato e del Raggruppamento operativo speciale (Ros) dell'Arma dei carabinieri. Il procuratore capo di Roma Giuseppe Pignatone e il pm Sergio Colaiocco. Dal Cairo, con il procuratore generale aggiunto Mostafa Soliman e Mohamed Hamdy, suo segretario, erano presenti il generale Adel Gaffar della Sicurezza Nazionale, il 'comandante' Mostafa Meabed, l'ufficiale Ahmed Aziz e, al posto del brigadiere generale Alal Abdel Megid dei servizi centrali della polizia egiziana, il generale Alaa Azmi, indicato come 'vice-direttore delle indagini criminali di Giza'. Vale a dire, il vice di Khaled Shalaby, indicato dall'Anonimo a Repubblica come l'uomo che dispose la sorveglianza di Giulio prima del suo sequestro, ne "ordinò" e "supervisionò" la tortura in una caserma di Giza e quindi lavorò al depistaggio.

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