Politica

Gli insulti del web a "mamma" Meloni

Quasi mai chi attacca sa davvero di cosa parla. Lo fa per il gusto di tirare un sasso insieme agli altri. Il branco si muove così
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NON c'entrano destra e sinistra, uomini e donne, gay o etero. C'entra la logica del branco. La violenza e l'ignoranza, sorelle gemelle: forze deboli, le prepotenze. Un rumore di fondo incessante spacciato per libertà che della libertà è l'esatto contrario, invece.

Porterebbe lontanissimo, a volerci andare, un momento di attenzione sull'ultima esibizione muscolare dei 'commentatori' della Rete. Un'altra volta, magari. Oggi non facciamo fatica. Restiamo seduti qui al bar di Facebook, diamo un'occhiata alle scritte sui bagni di Twitter. Giusto per farsi qualche domanda, il tempo di un caffè. La vittima oggi è Giorgia Meloni, leader della destra di Fratelli d'Italia, molto nota anche perché molto assidua in tv. Un'esponente politica che conosce i meccanismi della comunicazione, non esattamente un ragazzino di terza media aggredito dal gruppo su Whatsapp per i suoi pantaloni lilla. Dunque Giorgia Meloni annuncia la sua gravidanza mentre partecipa al Family day, lo fa nel corso di un'intervista video parlando di politica con molti giornalisti. Una notazione personale, che lei ritiene in quel momento di condividere. La quantità e il tenore di commenti che suscita sui social network sovrasta quasi subito la notizia, di per sé non così interessante e comunque comune a milioni di donne in questo preciso istante. Giorgia Meloni viene coperta di insulti, la maggior parte dei quali violentissimi e irriferibili, volgari e spesso penosi per chi li fa più che per chi li riceve. Decide di sospendere la sua attività sui social. Il meccanismo mediatico prevede a questo punto che si commenti la valanga di insulti, disapprovandola - naturalmente. Dunque c'è chi attacca la sinistra illiberale che difende i diritti dei gay e non quelli delle madri, le femministe che scendono in campo solo a difesa delle donne di sinistra e giù giù fino alle formule passepartout: il popolo del web, gli squadristi del web, le lobby gay, i radical chic e il resto del repertorio. La cui caratteristica è di usare formule completamente vuote e sempre insensate capaci tuttavia di scatenare, al contatto, reazioni nucleari.

Chi parla degli squadristi del web sarà attaccato il giorno dopo dai libertari del web. Chi parla di lobby gay sarà fulminato. Così si potrà fare il giorno dopo un nuovo commento, e usare altre formule. Il caso dell'attacco - schifoso, per restare nel clima lessicale e dirlo chiaro - a Giorgia Meloni potrebbe essere però una piccola buona occasione per lavare e asciugare le parole, vederle pulite. Non è vero che solo le donne di destra restano indifese di fronte agli attacchi, ricordo per tutti il caso degli auguri massicci di decapitazione a Laura Boldrini appena insediata che le valsero la prima seria ondata di astio mediatico di ritorno, con l'accusa di voler censurare il libero web. Non è vero che solo le donne celebri, anche - vado a memoria - Gianni Morandi Fiorello e Muccino, di recente. Non è vero che solo le donne, il corpo delle donne. Prevalentemente, certo. Ma questo non accade solo sul web: anche a casa, in ufficio, sull'autobus. Non è vero che solo i famosi. Centinaia di ragazzini sono vittime di cyberbullismo. È vero, piuttosto, che fa molta impressione che ad attaccare Giorgia Meloni si siano subito uniti i paladini delle nuove libertà e dei nuovi diritti: chi le augura di avere figli gay fa un torto gravissimo alla causa delle libertà, plurale, di tutti e alle proprie. Trasforma inoltre in una sorta di malaugurio una condizione che vorrebbe riconosciuta come naturale, neutra, con questo rinsaldando e confermando il pre-giudizio. Non si può pretendere il diritto proprio negando quello altrui, siamo all'abc. E però anche qui, per restare alle parole: c'è differenza fra satira, ironia, insulto. Quando Luciana Littizzetto dice che "andare al Family day in lode della famiglia tradizionale" esibendo una gravidanza senza essere sposati "è come partecipare a un festival vegano e dire di amare la fiorentina" fa satira.

Può far ridere o no, ma fa il suo mestiere. Quando qualche blogger ironizza sul nome del bambino, un quotidiano di destra lancia un referendum: è la Rete, bellezza. C'è di tutto. Gli insulti, invece - i cattivi auspici, la ferocia - hanno la caratteristica della crudeltà e dell'ignoranza che si autoalimentano a valanga. Fateci caso: quasi mai chi attacca sa davvero di cosa parla. Lo fa per il gusto di tirare un sasso insieme agli altri: su una frase sentita dire, su un film non visto, un libro non letto. Il branco si muove così. Dice: basta non dargli peso. Non ascoltare. Difficile. Viviamo tutti perennemente on line, capaci solo di attenzione parziale, vittime di incidenti anche pedonali da sguardo fisso sullo smartphone, le assicurazioni non li censiscono ma non li risarciscono. Il flusso incessante ti chiama a stare dentro, o ti spinge a stare ai margini. Reagire, rispondere a tono, stare al gioco o andarsene. Ecco, un commento interessante da leggere sarà quello sulla libertà di essere off line, sempre più diffusa anche - inaspettatamente - tra i ragazzi. Provate a chiedere a figli e nipoti, provate ad ascoltarli. I primi a reagire saranno loro. Intanto, molti auguri a Giorgia Meloni. Coraggio e figlie femmine. Smile. Cuoricino.
 
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