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L'INTERVISTA

Marco Mengoni, un Peter Pan in poltrona: "Faccio il lavoro più bello dell'universo"

Incontro con l'artista nel pieno della seconda parte del nuovo tour che si concluderà con una doppia data all'Arena di Verona. "Finalmente vedo in faccia la gente che mesi fa ha comprato il biglietto e che per conquistare i primi posti è stata in coda dall’alba. E che mi dà l’energia per andare avanti"

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MILANO - Con quell'aria da Peter Pan che non l'abbandona (in fondo ha solo 28 anni, "anzi li farò a dicembre, quindi 27", dice civettuolo), è inevitabile che nel nuovo tour il momento in cui Marco Mengoni (si) emoziona di più sia quando vola. Prima in Esseri umani, seduto su una poltrona sospesa in aria che pare di Magritte, poi in Pronto a correre, quando un argano lo afferra per il coppino e lo deposita su un palchetto in mezzo alla platea. "Sa perché? Perché lì finalmente vedo in faccia la gente che mesi fa ha comprato il biglietto e che per conquistare i primi posti è stata in coda dall'alba. E che mi dà l'energia per andare avanti. Se nelle prime canzoni posso sembrare sottotono è perché - a parte un filo di paura che all'inizio ho sempre e poi vinco - la studio, la analizzo. E finalmente sul palchetto mi godo le mani tese verso me, gli occhi gonfi di gioia, le emozioni che faccio provare".

Con Marco Mengoni nel backstage di #MENGONILIVE2016


Emozioni di gente normale, e della normalità Marco è affamato. Perché la canta in canzoni che raccontano sentimenti e passioni che chiunque a una certa età ha vissuto. E perché gli manca nella vita quotidiana, come a tutte le popstar che riempiono palazzetti (e in un futuro chissà se lontano anche gli stadi), quindi dopo tre passi sono assediati da mendicanti di selfie e autografi e additati come le donne barbute di vecchi circhi scalcagnati. "In realtà io mi sentirei una persona normale, se solo avessi una vaga idea di cosa voglia dire. Alla fine va bene così. Faccio il lavoro più bello dell'universo. In ogni concerto dò tutto, esco stremato, tanto che ormai li chiamo "triathlon", ma felicissimo. E se amo salire su un palco un po' di egocentrismo ce l'avrò, immagino. Però in realtà riesco ancora a fare la mia vita, la birra con gli amici vado a berla e alla terza volta nello stesso pub non mi fila più nessuno. Ecco, magari all'Ikea vado il lunedì pomeriggio, invece che il sabato mattina".

#Mengonilive2016, Marco chiude il cerchio


Il mobilificio richiama un'idea di semplicità, artigianalità, ferro, legno, plastica e via. Il nuovo tour di Mengoni invece è fatto di acciaio, meccanica, tecnologia, effetti speciali, roba che servono 10 tir per trasportarla per l'Italia (ieri e oggi al Forum di Assago, esaurito come quasi ovunque). Mica c'è solo la poltrona magrittiana: anche due schermi da 140 metri quadri l'uno, che trasmettono immagini mirabolanti, visionarie e in Pronto a correre lo seguono. Tutte cose inventate da lui, che studia nel dettaglio ogni idea scenica, "spesso ispirandomi ai concerti che vedo: l'ultimo è stato Stromae, volevo riprenderne la forte parte teatrale". Tra ologrammi, proiezioni, luci, non manca davvero nulla. Cercando di non esagerare, come invece sempre più si tende a fare nella musica contemporanea, che trasforma i concerti in sfoggi di effetti speciali così clamorosi da mettere in secondo piano le canzoni. "Io invece parto sempre da quelle, le riarrangio, invento. Ma la tendenza agli effetti speciali è irreversibile in una società che ha come tendenza principale l'apparenza. E non sarà certo un ex studente di un istituto d'arte a parlar male di coreografie e invenzioni sceniche".

Marco Mengoni al Mandela, il timelapse del concerto


Né aspettatevi che parli male dei talent show, di cui è il prodotto più illustre e duraturo: "Non sono scemo, li trovo utili. Certo, ora ce ne sono tanti e chi esce di lì ha spesso un successo solo effimero. Io sto durando, lo so, ma non credo di essere stato più bravo. Semplicemente ho scelto le persone giuste per affiancarmi, mi sono affidato all'istinto e a quel che mi hanno insegnato i miei genitori: testa bassa e giù a lavorare. Anzi, a proposito mi scuserà...", saluta, prende e va a provare. Il lavoro più bello dell'universo chiama.