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Asia e Europa, storia e archeologia industriale. Ecco i nuovi siti Unesco

Efeso (ora Turchia, ma antica Grecia). La biblioteca di Celso, epoca romana 
L'agenzia delle Nazioni Unite aggiunge 24 aree alla lista del Patrimonio dell'Umanità. Ci sono Efeso e Betania, la Champagne e la Borgogna, le missioni spagnole del Texas, le vestigia del regno Baekje in Corea e molte testimonianze della prima era industriale. L'Italia sempre in testa con 51 presenze nell'elenco
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C'è Efeso, una delle perle della civiltà mediterranea antica. Ci sono molta Asia e tanta Europa, con una forte presenza di quella settentrionale, solo in apparenza meno densa di uomini e storia rispetto alla culla di storia e di popoli che resta il Bacino Mediterraneo. C'è naturalmente l'eredità arabo-normanna del Palermitano, a tenere alto il nome dell'Italia, che conserva il primato assoluto con 51 siti iscritti. E c'è anche una prima volta assoluta, quella della Giamaica con le Blue Mountains. Ci sono due siti dell'Iran, uno dei vincitori morali di questo aggiornamento 2015 della lista dei siti World Heritage dell'Unesco, proclamati durante l'annuale seminario dedicato, che per l'occasione si è svolto nella capitale tedesca. Altre nazioni protagoniste, con due siti ciascuna, la Danimarca, la Turchia di Efeso e della non meno affascinante fortezza di Diyarbakir e la Francia, che ha introdotto due grandissime aree vinicole, la Borgogna e la cosiddetta collina dello Champagne. L'Italia mantiene i suoi tre punti di vantaggio sulla Cina, che annette la zona dei leader tribali "Tusi" e sale a quota 48. La Francia è comunque a 41, contro i 40 della Germania (più uno) e i 44 della Spagna, che quest'anno ottiene soltanto l'estensione del Cammino di San Giacomo di Compostela.
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Sono solo alcuni dei possibili titoli alla fine dell'annuale meeting del Comitato Mondiale del Patrimonio dell'Umanità, che si sta tenendo a Bonn (Germania).Le nuove iscrizioni sono 24, 23 delle quali hanno motivazioni culturali e 1 mista. Tra i nuovi siti I paesaggi culturali sono 7. Oltre alle 24 novità assolute ci sono 3 estensioni di siti già parte del World Heritage. Il totale è ora di 1031 siti nella lista. Nei giorni precedenti le nuove nomine, i delegati delle Nazioni Unite avevano collocato la capitale yemenita Sana'a nel purgatorio della lista dei siti "endangered", in pericolo, risparmiando analoga sorte alla Barriera corallina australiana.
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Difficile elaborare gerarchie di merito o semplicemente estetiche, né tanto meno della presunta importanza di un'altra eventuale iscrizione, quella alla lista (personalissima) dei siti deja vu. Di certo, le new entry dimostrano che, persino in un menu che ormai supera 1000 opzioni, è ancora possibile aggiungere delle vere e proprie icone. Lo è ad esempio il ponte ferroviario sull'estuario del Forth, in Scozia (che a qualcuno ricorderà la non meno iconica Firth of Fifth, Genesis, uno dei manifesti del Progressive Rock, il cui titolo è un gioco di parole, dove "quinto" (fifth) rimpiazza "quarto" (forth, almeno in inglese, non in scozzese-gaelico) - nel nome geografico dell'estuario ("firth"), che è poi il fiordo su cui la stessa Edimburgo si affaccia, sulla riva Sud. L'imponente struttura, costruito a fine Ottocento, per molti anni il ponte a sbalzo più lungo del mondo con quasi 2,6 km, è una di quelle icone a prima vista, riconoscibili anche a chi lo ha potuto solo immaginare dalla vista bidimensionale di una foto o di un video. Ed è allo stesso tempo una pietra miliare dell'ingegneria e della seconda industrializzazione. Lo è in altro modo la collina dello Champagne - qualche relatore a Bonn, durante la disamina delle nomination ha scherzato "...io stesso mi sono stupito che non fosse ancora nella lista...". L'area che ha come estremi la Reims della splendida cattedrale gotica, dove i re d'Oltralpe venivano consacrati (sito World Heritage in proprio dal 1991) ed Epernay, è un'oasi dedicata alla coltivazione e alla preparazione di quel particolare vino e di quella particolare effervescenza che lo ha reso unico al mondo. Ma è allo stesso tempo un'oasi di lentezza da assaporare con i sensi, con lo sguardo, e con l'olfatto, magari da uno dei treni regionali che l'attraversano, dal quale non è possibile non assaporare gli odori che provengono dalle colture circostanti.
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In generale, l'Unesco in questi ultimi anni sembra voler premiare i luoghi che hanno saputo creare e preservare nel tempo un'identità e una peculiarità. Ma se per i siti antichi si tende a privilegiare le componenti culturale e religiosa, quando si tratta di iscrivere ambienti rurali o addirittura urbani relativamente recenti - chiaro monito al dissesto, all'urbanizzazione e all'impoverimento selvaggio del territorio, alle loro possibili conseguenze, a cominciare dal global warming in atto - si dà la preferenza a quelle aree dove lo sviluppo agricolo o industriale è stato perpetrato in un modo che la storia ha dimostrato a suo modo sostenibile, anche al di là delle stesse intenzioni e conoscenze dei progettisti. Ecco le spettacolari Côtes vinicole della Borgogna (a seguire di un anno le Langhe e il Roero piemontesi) ma anche i pioneristici impianti industriali per la produzione dei fertilizzanti, creati, con annessi insediamenti urbani, in un'area dove si potevano alimentare con energia idroelettrica ricavata dalle vicine cascate, nella Norvegia di inizio Novecento. O la stessa città portuale costruita nel Porto di Amburgo, pochi anni dopo. Senza dimenticare l'area della rivoluzione industriale giapponese (carbone-acciaio) della stagione del rinnovamento Meiji, nel secondo Ottocento del secolo scorso.
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Tra le novità più spettacolari, c'è come detto Efeso, oggi in Turchia, ma ieri perla della cultura greca, sin dal Mille a. C., grande centro all'epoca della Lega Ionica di cui era parte, poi prosperosa nell'era ellenistica e in quella Romana, di cui la facciata della biblioteca di Celso è il monumento più famoso e facile da memorizzare. Ma ci sono anche, a migliaia di chilometri, le missioni francescane del San Antonio River, Texas Meridionale, del 18mo secolo, con il loro affascinante mix di architettura tardo-coloniale ispanica, intrecciata con reminescenze della cultura nativa. E ancora, lo spettacolare acquedotto che Padre Tembleque fece costruire in Messico, nella seconda metà del Cinquecento, per 45 km, a collegare tre città, sotto il vulcano Tecajete. O la splendida montagna sacra del Great Burkhan Khaldun, in Mongolia. O ancora i giardini botanici di Singapore, simbolo della più "lenta" tra le metropoli asiatiche. E sempre nell'Estremo oriente, i siti dell'area dove prosperò il regno Baekje, tra il V e il VII secolo d. C. nel montuoso mid-west del Paese  Per chi ama andare molto indietro nel tempo, l'arte rupestre dei siti di Jabal Umm Sinman e Jabal al-Manjor e Jabal Raat, nella Hail Region dell'Arabia Saudita mostra 10mila anni di storia degli insediamenti umani in quel deserto. Senza dimenticare la città di Susa (oggi Shush), Iran, già capitale dell'antico regno dell'Elam, poi sede imperiale dei Persiani Achemenidi, scenario di insediamenti umani tra il 5° millennio a. C. e il XIII secolo d. C. Sempre nel Medio Oriente, entrano nel Patrimonio le catacombe di Bet She'arim, Israele, uno dei primi cimiteri ebraici in terra israelita nell'era romana e Betania, nell'attuale Giordania, il sito dove si pensa Giovanni Battista abbia battezzato Gesù.
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Oltre ai nuovi siti, Unesco ha allargato i confini di un paio di siti già presenti nella lista. Si tratta delle aree floreali protette nel Western Cape del Sudafrica e dello Phong Nha-Ke Bang National Park, in Vietnam, ampliato da 80 a 120 mila ettari circa, fino al confine con la riserva naturale Hin Namno, nel Laos.