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Parolisi, la rabbia della madre di Melania: "35 coltellate non sono crudeltà?"

Intervista a Vittoria, che non accetta la decisione della Corte d'Appello di Perugia di ridurre di 10 anni la pena a Parolisi. E ripercorre i rapporti con il genero a partire da quel maledetto aprile 2011, quando uccise la figlia

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"Vorrei fare una domanda ai giudici di Perugia. Una sola: che cosa è la crudeltà? Per me anche soltanto uno schiaffo è un gesto crudele. Trentacinque coltellate invece a quanto pare non lo sono. Salvatore ha ucciso mia figlia, l'ha macellata con un coltello ma non è crudele. E che doveva fare perché lo si considerasse l'assassino spietato che è? Tagliarla a pezzettini? Non credo che sia stata fatta davvero giustizia per la morte di mia figlia".
La voce di Vittoria, 60 anni, la madre di Melania Rea, è pacata ma le sue parole rivelano la rabbia e il dolore profondo per la decisione della Corte di appello di Perugia di ridurre di dieci anni la condanna di Salvatore Parolisi che nell'aprile del 2011 uccise sua figlia.

Signora lei aveva sinora seguito tutti i processi per l'omicidio di sua figlia. A Perugia però non è andata. Perché?
"Perché avevo il presentimento che ci sarebbe stata una sentenza che giudico ingiusta. Già quella della Corte di Cassazione non mi era piaciuta. Come si può affermare che mia figlia è stata uccisa senza crudeltà? Non è già crudele il fatto di togliere la vita ad una persona? In più non è stato tenuto in nessun conto il comportamento tenuto da quell'uomo...(vede? Non riesco nemmeno a nominarlo) nei nostri confronti".

In che senso?
"Sin dall'inizio lui si comportò in maniera strana. Mia figlia era scomparsa alle 14 e lui ci avvisò solo alle 18. Non posso dimenticare quel giorno. Partimmo da qui, Somma Vesuviana, alla 19,30 con il cuore in gola. Pensavamo si fosse persa, fosse caduta in dirupo di quella maledetta montagna. Arrivammo che era notte. Furono ore terribili. E quell'uomo due giorni dopo non ebbe nemmeno il coraggio di dirci che l'avevano trovata morta ammazzata. Ce lo fece dire da un vicino...".

Lei e la sua famiglia però avete a lungo creduto all'innocenza di Salvatore. Perché?
"Perché era impensabile per noi che un marito potesse uccidere la madre di sua figlia e proprio davanti alla bambina. In più Melania ci aveva sempre tranquillizzato anche se mi aveva confessato che c'era stato uno screzio con il marito tempo prima. Lo aveva sorpreso al telefono con una. Lui aveva farfugliato delle scuse e lei aveva voluto credergli. Voleva salvare il suo matrimonio. Ogni volta che le telefonavo diceva che andava tutto bene, che i problemi erano risolti, che la sua era una famiglia felice. Forse ho sbagliato a crederle. Ora penso che mia figlia sia morta per salvare il suo matrimonio".

Dopo la scoperta del delitto come si comportava Parolisi?
"Come se fosse del tutto estraneo alla sua morte. Quando hanno cominciato a circolare le voci che aveva una relazione con una delle sue soldatesse gli abbiamo chiesto: "Che c'è di vero in queste storie?". E lui sbatteva la testa contro il muro, piangeva e ripeteva:"Bugie, sono tutte bugie". Gli abbiamo creduto perché per noi era come un figlio. Siamo stati ciechi. Non abbiamo voluto capire nemmeno quando Rocco, suo fratello, un giorno gli ha detto, di fronte a noi: "Senti Salvatore se sei stato tu trent'anni non te li leva nessuno". Forse lui aveva già capito quello che io, mio marito e i miei figli non riuscivamo a comprendere".

L'inchiesta e i processi successivi hanno però appurato che ad uccidere Melania era stato lui. E che è successo da quel momento?
"Non abbiamo mai avuto più rapporti con lui. L'ho visto in aula ma lui evitava il mio sguardo. Ci saremmo aspettati una parola di scusa, una spiegazione. Invece niente. Per noi quell'uomo ha avuto soltanto silenzi. Non ha soltanto ucciso mia figlia, non ci ha mai detto perché lo ha fatto. Ha continuato a negare. E ogni notte io resto sveglia a chiedermi perché Melania è stata uccisa. Perché era d'intralcio alla sua relazione con la soldatessa? O perché aveva saputo cose che non potevano essere rivelate? Sono stati fatti tanti processi ma la verità della morte di mia figlia è ancora lontana".

Processi che hanno avuto conclusioni che non le sono piaciute vero?
"Non mi intendo di diritto ma credo che applicare il rito abbreviare ad un omicidio sia un abominio. E' come essere al mercato: se scegli l'abbreviato ti faccio lo sconto. E a me e alle famiglie di tutte le altre vittime di delitti che riduzione fanno? Ci permettono di soffrire un po' meno? E a chi è finito sotto terrà che sconto tocca? Non voleva vendetta per la morte di mia figlia ma giustizia. Una condanna certa invece ora c'è stata questa riduzione e poi sicuramente ce ne saranno altre per  la buona condotta o per altri motivi. Sto allevando la figlia di Melania, ho dovuto spiegarle che la mamma non c'è più. E il padre nemmeno. Non è stato facile. E'da un anno che non sente il padre. Lei non vuole più andare dai nonni paterni. Vengono loro da noi. Al padre però non vuole parlare. L'abbiamo circondata con tutto l'amore possibile, sembra che abbia superato la fase più dolorosa, a settembre inizia le elementari. Cerchiamo di farla dimenticare e di darle una vita nuova. Io invece non vivo più. Sopravvivo".