Cultura

Snowden: "Dopo Charlie Hebdo sempre più sorvegliati. Rischiamo il più grande sistema di oppressione della storia"

Il 32enne ex consulente Cia, che ha svelato al mondo i programmi di monitoraggio di massa, per la prima volta in collegamento con un evento italiano al Festival del giornalismo di Perugia: "Non serve una resistenza violenta ma civica e il controllo generalizzato non garantisce la sicurezza. Al contrario, ci rende vulnerabili per anni"

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SONO passati quasi due anni dall'esplosione del Datagate. Era il giugno 2013. L'ex consulente della Cia Edward Joseph Snowden, 32 anni da Wilmington, Carolina del Nord, ne è stato il protagonista assoluto. Con l'aiuto del giornalista Glenn Greenwald e della documentarista e regista Laura Poitras ha svelato al mondo il monumentale programma di sorveglianza di massa messo a punto dai cosiddetti Five Eyes: le cinque potenti agenzie segrete di Australia, Canada, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Regno Unito, occhi e orecchie sulle comunicazioni internazionali capitanati appunto dalla National Security Agency Usa insieme al Gchq britannico.

Prism, Tempora, Boundless Informant, XKeyscore, Dropmire, Turbine e molte altre sigle all'apparenza enigmatiche come le pratiche sfruttate hanno improvvisamente trovato, grazie ai documenti diffusi dal whistleblower americano e rilanciati dai media di tutto il mondo, una devastante chiarezza. Milioni di utenti monitorati attraverso vari mezzi dentro e fuori gli Stati Uniti, intercettazioni nelle ambasciate e nei consolati, grigi sodalizi con le big company del web per infiltrarsi nei social, nei giochi, in ogni genere di portale, botnet e software preinstallati nei server e nei dispositivi prima che venissero distribuiti agli acquirenti, social network e dorsali di comunicazione sotto controllo. Incluse quelle che transitano per l'Italia. Quello che forse in molti immaginavano da sempre ha insomma trovato nelle parole, nei documenti e nella stessa testimonianza personale dell'ex contractor una conferma incontrovertibile che ne ha messo a rischio la vita.

Snowden è intervenuto al Festival internazionale del giornalismo in corso a Perugia fino a domenica insieme alla Poitras, premio Oscar per il suo documentario Citizenfour. Ad ascoltarlo via Skype una folla degna di una rockstar. Di più: l'accoglienza riservata a uno di quelli che, si sente, hanno scritto una pagina di Storia. Era infatti la prima volta che, in collegamento superprotetto dalla Russia - dove ha trovato rifugio dopo una rocambolesca fuga nell'estate 2013 e dove ancora risiede con un particolare permesso di soggiorno che scadrà nel 2017 - interveniva a distanza a un appuntamento italiano. "Quando si parla del rapporto fra governo italiano e statunitense e fra agenzie di spionaggio non c'è alcun dubbio sul fatto che lavorino insieme, basti pensare alle 'extraordinary rendition', cioè ai trasferimenti forzosi di persone dal territorio italiano ad altri posti nel mondo", ha detto Snowden. "Tuttavia i cambiamenti tecnologici hanno mutato il modo in cui ci tengono sotto controllo. La priorità delle agenzie, del tutto senza regole, è monitorare tutti e sempre, che vi siano sospetti o meno. Le amministrazioni sono colpevoli nella condivisione di queste informazioni e il rapporto fra di loro è solido. Magari il vostro presidente del Consiglio non conosce i dettagli, o non vuole saperli, ma sarebbe ora che i politici rispondessero alle domande, che fornissero la loro posizione alla società civile".

Il punto, insomma, è che nessuno è al riparo da azioni del genere. La comunicazione e le notizie sul tema sono minime e il dibattito nell'opinione pubblica rimane povero, anche dopo i fatti degli ultimi due anni: "La vera domanda è come aumentare i nostri livelli di libertà", ha spiegato Snowden. "La risposta è la trasparenza e il confronto a ogni livello. Il giornalismo è forse l'unica arma che abbiamo a disposizione: i governi non si riformeranno da soli, non rinunceranno al loro potere. L'unica arma è quindi competere con loro ed è quello che fanno i giornalisti quando li sfidano sul campo dell'interesse pubblico delle loro scelte. Non serve dunque una resistenza violenta, serve quella civica: passa da come votiamo, come ci presentiamo, di cosa parliamo. Non bisogna temere di essere etichettati e di raccontare davvero come vogliamo vivere".

Serve un salto culturale, un coinvolgimento dal basso che sfidi anche le leggi più controverse: "Gli unici che possono bloccare chi oltrepassa i confini e rimettere in discussione gli assegni in bianco, quelli che possono fermare chi vuole cambiare la nostra natura siamo solo noi", ha aggiunto Snowden. "D'altronde, dopo la strage di Charlie Hebdo, è accaduto l'esatto contrario di ciò che sarebbe stato auspicabile. I governi, su tutti quello francese, hanno reagito nel modo opposto, approvando rapidamente leggi che autorizzano maggiore sorveglianza. I politici credono sempre di dover fare qualcosa, qualsiasi cosa, pur di dare delle risposte. Ma è proprio questo il problema: la sorveglianza di massa è del tutto inefficace. La Francia aveva per esempio dei programmi simili prima dell'attacco alla redazione del settimanale satirico e non sono stati utili. Anche negli Stati Uniti, dove il network è più ampio che altrove. Insomma, se anche fossimo perfettamente al sicuro questo non importerebbe perché non potremmo essere liberi". Perché vivremmo, per ricalcare le parole del whistleblower, nel "più grande sistema di oppressione della Storia".

"Proprio perché c'è il rischio terroristico e le persone sono sempre più consapevoli delle opportunità di crittografare le proprie comunicazioni", ha aggiunto Snowden, "i governi pretendono sempre più le chiavi di quelle trasmissioni e di quei contenuti addirittura senza doverle decifrare. Spingono per ottenere delle 'backdoor' da cui entrare per sottrarre informazioni ma dalle quali, questo il rischio sottovalutato, possono far breccia anche altri governi, penso a quello cinese, o dagli stessi gruppi terroristici che vorremmo contrastare. Insomma, stiamo creando in tutti i sistemi di comunicazione una vulnerabilità di fondo che costituirà una minaccia perenne". Secondo Snowden il risultato è stato inoltre peggiorare il quadro della situazione anche agli occhi di Paesi ben meno responsabili e democratici che hanno definitivamente scelto di sfruttare l'arma di internet e l'hacking di Stato nelle controversie internazionali.

A due anni dalle prime rivelazioni il quadro rimane insomma drammatico. Vie d'uscita se ne vedono poche: "L'Nsa, la National Security Agency, si comporta più come una National Surveillance Agency", ha aggiunto Snowden durante il dibattito coordinato da Fabio Chiusi al quale hanno partecipato fra gli altri il legale dell'ex consulente, Ben Wizner, e Simon Davies, fondatore di Privacy International. "Ciò su cui dovremo lavorare è capire cosa renda i governi più o meno responsabili e rispettosi nei confronti dei media e dei cittadini. Quando permettiamo alla sorveglianza di massa di radicarsi cambiamo in maniera radicale il rapporto fra governanti e governati. Serve un confronto sui diritti che abbiamo ereditato e che vogliamo passare a figli e nipoti. Sono queste le libertà che dobbiamo essere disposti a difendere".