Roma

La lettera di Mammà con Luigi De Filippo

Al teatro Parioli, la commedia scritta dal padre Peppino nel 1933. Le peripezie comiche di due nobili spiantati alla ricerca di due ereditiere

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Ci sono sempre molte storie, molti retroscena, molti antefatti artistici, e molte aneddotiche personali, dietro la facciata di un titolo di commedia "defilippiana", e non fa eccezione La lettera di mammà, testo del 1933 che Luigi De Filippo propone da stasera nel suo teatro Parioli, recante anche l'intestazione del padre, Peppino De Filippo. Intanto l'attribuzione autoriale. Adesso il testo è fatto risalire unicamente a Peppino, e la grana comica del copione ha in effetti il suo dna, la sua burlesca fantasia, la sua sociale passione per gli intrecci, ma è anche vero che all'epoca La lettera di mammà figurò cofirmata da Mascaria, che stava per Maria Scarpetta. Ma insomma, non sottilizziamo.

Quello che conta era l'allora pionieristico, clamoroso e assai armonioso gioco di squadra dei De Filippo, o meglio della Compagnia del Teatro Umoristico I De Filippo, formazione che, nata l'anno prima, nel 1932, valorizzò il rango artistico della drammaturgia popolare, l'osservazione mimica e plastica all'interno d'un vario repertorio basato su equivoci spassosi, con smargiassate ad opera di personaggi non di rado dotati di pezze al sedere, per non parlare della forma moderna della scena defilippiana dedita al teatro dialettale senza più i compiacimenti logori e d'effetto della sceneggiata.

Contò anche tanto, per il maggior respiro in due e tre atti delle commedie, l'ospitalità, l'agio, la superficie confortevole del palcoscenico, e in questo senso il teatro Sannazzaro di Napoli, sede del debutto de La lettera di mammà e di vari altri lavori della compagnia, fece bene la sua parte. Poi c'è il discorso dell'appartenenza. Il titolo recuperato adesso da Luigi De Filippo e dalla sua formazione, può classificarsi tra le commedie di carattere, più che tra le farse dell'epoca, ma è anche vero che la trama relativa alle buffonaggini tenere e bizzose di due nobili spiantati, il barone Edoardo (Luigi De Filippo) e il baroncino Riccardo (Vincenzo De Luca), alla ricerca di una sistemazione con due ereditiere, non trascura schiettezze, amenità linguistiche, meschinerie goderecce. Raccomanderemmo in definitiva di non perdere, nel ripristino de La lettera di mammà, quel senso di prosa fatta in casa, un certo revival della macchietta drammatizzata (all'inizio fu scritturata anche Tina Pica), le impertinenze da miseria e da ridicolaggine arricchita.