Bari

Striscia la notizia, sei ore di interrogatorio in Procura a Bari per gli ex inviati Fabio e Mingo

Al centro dell'inchiesta c'è una presunta simulazione di reato con riferimento a un servizio andato in onda due anni fa su un falso avvocato, risultato essere una messa in scena
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Sono stati interrogati per più di sei ore negli uffici della Procura di Bari gli ormai ex inviati baresi del tg satirico di Mediaset Striscia la notizia. Domenico De Pasquale, in arte Mingo, sua moglie Corinne Martino e Fabio De Nunzio hanno risposto alle domande del pm Isabella Ginefra, che conduce le indagini sulla presunta simulazione di reato di cui i tre rispondono, con riferimento a un servizio andato in onda due anni fa su un presunto falso avvocato, risultato essere una messa in scena.

"La Procura della Repubblica presso il tribunale di Bari - dichiara il difensore degli indagati, l'avvocato Francesco Maria Colonna - ha accolto l'istanza presentata affinché gli stessi venissero ascoltati relativamente alla questione per la quale si sono interessati i quotidiani, attinente il programma Striscia la notizia. I miei assistiti hanno risposto ampiamente a ogni domanda. Premesso che non possono e non devono essere pubblicate e comunicate a terzi notizie afferenti gli atti istruttori, nella fase delle indagini preliminari, i miei assistiti indiranno una conferenza stampa aperta a tutti i giornalisti che riceveranno una comunicazione in tal senso. Nella corso della stessa non potranno essere formulate domande interne agli atti istruttori perché coperti da segreto".

La vicenda parte nel 2013, quando Striscia manda in onda un servizio su un finto avvocato che esercita abusivamente la professione. Smascherato da Fabio e Mingo, con il volto pixellato (così come prevedono le nuove norme della trasmissione), scappa a bordo di una potente auto inseguito dai due dalla targa nascosta. Poco dopo la messa in onda del servizio, parte l'inchiesta della magistratura barese. Quello raccontato da Striscia è un reato: falso, truffa, esercizio abusivo del titolo. Viene così chiesto dai carabinieri della sezione di polizia giudiziaria alla società barese di proprietà della moglie di Mingo, Corinne Martino, la copia integrale del filmato. L'obiettivo è risalire all'esatta identità del truffatore. Ma la donna racconta che il filmato è stato trafugato e quindi non è più nella loro disposizione. Gli inquirenti bussano così a Milano alla sede di Rti, che fornisce loro il filmato.

A quel punto nulla si sa per un anno. Fin quando qualche settimana fa a Milano tornano i carabinieri e prendono a verbale il direttore esecutivo del programma, Alberto Salaroli. Poche domande ma precise: il dirigente capisce che c'è qualcosa che non va. Gli investigatori vogliono capire quali sono le dinamiche interne a Striscia per raccontare una storia, se i servizi sono verità e finzione e se loro, dalla redazione centrale, conoscono la vera identità del finto avvocato. Soprattutto a Striscia capiscono il reato per il quale si indaga, l'articolo 367 del Codice penale, la simulazione di reato.

Antonio Ricci salta sulla sedia, anche perché da febbraio del 2015 aveva messo sotto osservazione i suoi due collaboratori pugliesi, che lavorano con la trasmissione da 19 anni. Una ex collaboratrice dei due aveva raccontato di falsi servizi, tre almeno. E Striscia aveva aperto una sorta di inchiesta interna. In ogni caso, Ricci manda i suoi avvocati a capire cosa sta accadendo. Viene fatta una richiesta di accesso agli atti che però viene vietata per "motivi di segretezza dell'indagine" dalla Procura, che comunque conferma i timori: quel servizio andato in onda era un falso.

Striscia sospende così immediatamente Fabio e Mingo, mentre la Procura dà un'accelerata alle indagini: viene fuori, per esempio, che la macchina usata dal finto avvocato per scappare fosse stata presa a noleggio (la rintracciano dalla targa in chiaro). E quel noleggio pagato con una carta di credito della società dei due inviati, carta tra l'altro che poi sarebbe andata anche persa o rubata. Insomma, un pasticcio. Che spinge Ricci a depositare querela per truffa e per diffamazione.