Milano

Il sindaco: un patto con la moda.
Mercoledì incontro per il rilancio

Nessuna tregua nella polemica tra il Comune e i titolari del marchio. I due stilisti continuano con la serrata a pochi giorni dal tavolo con la Camera della Moda che punta a rilanciare le sfilate in programma a settembre

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Le porte di Palazzo Marino si apriranno mercoledì. E sarà la prima volta, per la giunta arancione. Tutti lì, i rappresentanti del nuovo board della Camera della Moda – a cominciare dai big come Patrizio Bertelli di Prada, Diego Della Valle e Angela Missoni che hanno deciso di entrare nella 'cabina di regia' – attorno a un tavolo convocato da Giuliano Pisapia per sancire il patto tra Comune e stilisti. Una riunione operativa per il piano di rilancio della sfilate di settembre: era stata programmata da tempo, eppure si carica di nuove attese e significati in mezzo alle polemiche tra Piazza Scala e Dolce e Gabbana. E non solo perché loro, che non fanno parte della Camera della Moda, non ci saranno. Il caso non è finito. E, adesso, anche il sindaco replica con fermezza a quella serrata per «indignazione». E quelle di Giuliano Pisapia sono parole destinate a far discutere. Una difesa decisa della città: «Basta – dice – gli indignati siamo noi. Dolce e Gabbana dovrebbero chiedere scusa a Milano».

Avrebbe voluto tenere un profilo basso, Pisapia. Con quel comunicato dettato a caldo per bollare come «improvvida» la battuta di Franco D’Alfonso, ma anche per descrivere come eccessiva la reazione di Stefano Gabbana che, via Twitter, aveva accusato: «Comune, fate schifo». Era solo l’inizio. È di fronte alle vetrine chiuse, però, allo «sdegno» – l’assessore aveva affermato che il Comune non avrebbe dovuto concedere spazi agli evasori fiscali come Dolce e Gabbana – che Palazzo Marino ha deciso di fare quadrato. E ribaltare il tavolo. Anche gli stilisti, però, non si fermano. Loro, ha attaccato Gabbana, non hanno mai chiesto nessuno spazio a Palazzo Marino. Di più: ribadisce di essere disposto a restituire, «molto volentieri», l’Ambrogino d’oro. Allora, quella benemerenza, fu dedicata a Milano. Oggi, infuriano le polemiche.

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Da una parte lo scontro. Con D’Alfonso che, sul suo profilo Facebook riaperto per l’occasione ha parlato di «operazione di marketing per conquistare le prime pagine dei giornali». Dall’altra, la tela che l’assessore Cristina Tajani sta intessendo con il mondo delle passerelle. A partire da quel rilancio di settembre, e da una settimana delle sfilate che si aprirà con un gala alla Scala. È a questo che si riferisce, quando dice: «Nel mondo della moda c’è chi ha capito che è il momento di fare sistema, di fare squadra anche in ragione di una concorrenza internazionale inedita, e chi invece preferisce giocare una partita solitaria».

Ogni riferimento a D&G sembra voluto. Anche per loro, però, c’è un invito: «Ovviamente le porte sono sempre aperte e vorremmo che anche Dolce e Gabbana fossero dei nostri». Ma il centrodestra è partito all’attacco. Daniela Santanchè ha bollato la giunta Pisapia come un «soviet». L’ex ministro Mariastella Gelmini ha definito «stupefacente che un marchio importante, ambasciatore del made in Italy, trovi nelle istituzioni cittadine degli interlocutori così inadeguati». Tajani ribatte: «Evitiamo strumentalizzazioni».